DON ALESSANDRO LUCINI

Anno 2024/25

NEL VIAGGIO LA BENEDIZIONE

La parabola di Tobia

Proposta di lectio divina per adulti – decanato di Castano.

3 ottobre 2024

Seguendo le vie della verità e della giustizia

Il dramma di Tobi

(Tb1, 3-6.9-20)

3 Io, Tobi, passavo i giorni della mia vita seguendo le vie della verità e della giustizia. Ai miei fratelli e ai miei compatrioti, che erano stati condotti con me in prigionia a Ninive, nel paese degli Assiri, facevo molte elemosine. 4 Mi trovavo ancora al mio paese, la terra d’Israele, ed ero ancora giovane, quando la tribù del mio antenato Nèftali abbandonò la casa di Davide e si staccò da Gerusalemme, la sola città fra tutte le tribù d’Israele scelta per i sacrifici. In essa era stato edificato il tempio, dove abita Dio, ed era stato consacrato per tutte le generazioni future. 5 Tutti i miei fratelli e quelli della tribù del mio antenato Nèftali facevano sacrifici sui monti della Galilea al vitello che Geroboàmo re d’Israele aveva fabbricato in Dan. 6 Io ero il solo che spesso mi recavo a Gerusalemme nelle feste, per obbedienza ad una legge perenne prescritta a tutto Israele. Correvo a Gerusalemme con le primizie dei frutti e degli animali, con le decime del bestiame e con la prima lana che tosavo alle mie pecore.

9 Quando divenni adulto, sposai Anna, una donna della mia parentela, e da essa ebbi un figlio che chiamai Tobia. 10 Dopo la deportazione in Assiria, quando fui condotto prigioniero e arrivai a Ninive, tutti i miei fratelli e quelli della mia gente mangiavano i cibi dei pagani; 11 ma io mi guardai bene dal farlo. 12 Poiché restai fedele a Dio con tutto il cuore, 13 l’Altissimo mi fece trovare il favore di Salmanàssar, del quale presi a trattare gli affari. 14 Venni così nella Media, dove, finché egli visse, conclusi affari per conto suo. Fu allora che a Rage di Media, presso Gabael, un mio parente figlio di Gabri, depositai in sacchetti la somma di dieci talenti d’argento. 15 Quando Salmanàssar morì, gli successe il figlio Sennàcherib. Allora le strade della Media divennero impraticabili e non potei più tornarvi. 16 Al tempo di Salmanàssar facevo spesso l’elemosina a quelli della mia gente; 17 donavo il pane agli affamati, gli abiti agli ignudi e, se vedevo qualcuno dei miei connazionali morto e gettato dietro le mura di Ninive, io lo seppellivo. 18 Seppellii anche quelli che aveva uccisi Sennàcherib, quando tornò fuggendo dalla Giudea, al tempo del castigo mandato dal re del cielo sui bestemmiatori. Nella sua collera egli ne uccise molti; io sottraevo i loro corpi per la sepoltura e Sennàcherib invano li cercava. 19 Ma un cittadino di Ninive andò ad informare il re che io li seppellivo di nascosto. Quando seppi che il re conosceva il fatto e che mi si cercava per essere messo a morte, colto da paura, mi diedi alla fuga. 20 I miei beni furono confiscati e passarono tutti al tesoro del re. Mi restò solo la moglie Anna con il figlio Tobia.

LECTIO

Ringraziamo l’Azione Cattolica che ci dà l’occasione di vedere dei libri della Bibbia che magari non abbiamo mai letto e magari non avremmo mai letto, di approfondire questo libro di Tobia che è un libro veramente molto bello. Di solito lo si approfondisce sempre dal punto di vista del matrimonio, invece noi in queste serate vedremo più protagonisti.

Innanzitutto vi invito a leggerlo tutto, non sono tanti capitoli, ci vuole poco a leggerlo. Magari andando avanti, in questo tempo che ci separa dalla prossima lectio, potrebbero essere i primi tre capitoli, fino appunto alla preghiera di Tobi, che questa sera leggeremo.

Non dobbiamo dire tutto, non dobbiamo fare per forza tutto, ma ciascuno deve portare a casa da questa serata quello che il Signore vuole seminare nel suo cuore; non è tanto importante capire, non è tanto importante neanche quello che parla, l’importante è che lo Spirito Santo agisca nel nostro cuore e ci doni la grazia di poter ascoltare quella Parola che risuona in noi, quella Parola di conversione nella nostra vita.

Questa sera conviene fare l’introduzione, una piccola introduzione, parlando dei personaggi. Affronteremo appunto questi personaggi che si alternano nella vicenda, nel racconto e che addirittura si intrecciano poi; è una storia di una profonda umanità, una storia di grande fede, abbiamo il personaggio che vedremo questa sera che è Tobi, poi suo figlio Tobia, Sara e L’Angelo Raffaele. Questi sono i personaggi principali di questo libro e noi li seguiremo e li affiancheremo ad altre figure che sostengono la storia di questi personaggi. Questo sera guardiamo le caratteristiche di Tobi.

Tobi è un uomo, come dice il titolo di questa sera, un uomo di verità e di giustizia, però io aggiungerei un pezzo, uomo di verità e di giustizia messo alla prova, andando un po’ avanti in quello che abbiamo letto; noi abbiamo letto uno stralcio, però secondo me, se non si mette tutto insieme, si fa fatica a capire questa figura.

Questa figura è il capostipite di questa famiglia e, sentendo un po’ la lettura di questa sera, vengono fuori delle caratteristiche fondamentali di questo uomo, delle caratteristiche che cercheremo di guardare un po’ in dettaglio.

Innanzitutto è un uomo costante Tobi, cioè non c’è giorno in cui la legge del Signore non sia nella sua testa, nel suo cuore, nelle sue azioni, un giorno in cui dica oggi è troppo, adesso basta, non seguo più i precetti di Dio. Ecco, Tobi è un uomo costante, un po’ come la goccia d’acqua che cade tutti i giorni nello stesso posto. L’immagine di Tobi è di un uomo proprio così, che tutti i giorni la sua goccia la fa.

Poi sappiamo anche dalla Parola di Dio che è un uomo generoso, un uomo che si dona in elemosina, non è un uomo chiuso nella cupidigia, non è chiuso nell’avarizia, dona e dona probabilmente con gioia, il precetto della decima, per lui non è un precetto che costa fatica, ma anzi probabilmente è motivo di edificazione, non di recriminazione.

Spesso noi quando doniamo ci facciamo tante idee, magari doniamo ma il nostro cuore dice: “ma chissà dove finirà”, oppure doniamo “però potrei tenerlo per me, per la mia famiglia”. Mi pare di leggere in Tobi invece questo desiderio di edificazione, cioè per lui donare in elemosina è un passo che l’aiuta ad arrivare a Dio. Questa è un’altra caratteristica bella, fondamentale di questo uomo.

È un uomo misericordioso, misericordioso perché opera molte opere di misericordia, noi le chiameremmo nel linguaggio cattolico le Opere di Misericordia Corporali; seppellire i morti, per esempio, è una delle opere di misericordia e per la legge ebraica toccare un cadavere rendeva impuri e la legge ti escludeva, però è un uomo che sa andare al di là della legge, che la sa un po’ travalicare, che la sa un po’ interpretare a favore della carità, è capace di andare oltre le apparenze. Gesù dirà di alcuni dei farisei: “Siete dei sepolcri imbiancati”, cioè uno pensa che il sepolcro è nuovo, invece è già stato utilizzato e quindi uno si contamina e non lo sa. Invece questo uomo va proprio nel senso di quello che dice Gesù, cioè di essere vicino all’uomo nel momento del bisogno; pensate ad avere un cadavere per strada, ecco questo uomo con umiltà, a volte anche in maniera nascosta, prende questi uomini e gli dona una sepoltura, gli ridona una dignità.

Poi è un uomo fedele, un uomo fedele che non abbandona la sua fede, neanche nel momento più faticoso, lo vedremo dopo, neanche in quel momento si stacca mai da Dio, neanche nella sua preghiera, che leggeremo alla fine, dove dialoga con Dio, dove è messo fortemente alla prova, neanche in quel momento questo uomo perde la sua fede.

Sappiamo poi che è anche un uomo stimato, anche dall’oppressore, da quello che l’ha portato in esilio, ce lo dice sempre la Parola di Dio, lo mette addirittura a capo delle sue finanze, probabilmente per le sue abilità, ma molto più probabilmente per la sua correttezza, per la sua capacità di essere uomo tutto d’un pezzo.

Potremmo sintetizzarlo proprio così, un uomo tutto d’un pezzo, un uomo di altri tempi potremmo dire, sempre se ce ne sono stati di tempi in cui gli uomini erano disposti, come dice San Paolo, a morire per un uomo per bene.

In ogni caso comunque questo uomo è degno di stima, di rispetto, potremmo dire anche che è un canone, una misura, una misura del fedele di ogni tempo, perché questo uomo rimane con queste caratteristiche, un esempio da imitare.

Però nella vita di Tobi a un certo punto arrivano le difficoltà e queste difficoltà assumono un carattere grottesco, quasi incalzante, una via l’altra, sembra al lettore di dire “Adesso basta! Lasciamolo stare questo uomo” e invece continua ad incalzare e Tobi nonostante tutto, rimane federe al suo Signore, fedele ai suoi principi, fedele alle sue scelte.

Prima a Tobi viene tolta la libertà, che tanto noi declamiamo, il dominio straniero sotto cui egli stesso deve andare, che non ha il tuo stesso credo, che non ha la tua stessa cultura, stanno tornando di moda queste cose, eppure qui sembra trovare lo stesso il suo spazio, la sua capacità di portare a frutto le sue qualità, le qualità che Dio gli ha donato, mantenendo vivo comunque i suoi valori, i suoi credo, pur sotto il dominio dello straniero. E poi dopo gli viene tolta la stima, la stima delle persone, prima dal nemico. Il nemico, abbiamo letto sul finale della lettura di questa sera, gli toglie l’amministrazione, gli toglie la sua stima, quindi gli toglie quello che poteva fare. Poi anche i suoi conterranei che lo criticano aspramente per le sue opere di misericordia, per le opere che compie: “Ma come te l’hanno già detto, ti hanno già avvertito”, eppure lui continua a seppellire i morti, non si conforma ai desideri dell’uomo di potere, no, egli rimane fedele ai precetti del suo padrone e Signore, che è Dio.

Questo uomo perde via via tutte le sue certezze, la stima appunto del potere, la stima dei suoi conterranei, che non lo capiscono, pur facendo un’opera di grande misericordia, e poi i soldi, le sostanze, tutto quello che aveva accumulato viene confiscato, tranne questo sacchettino che è riuscito a depositare prima, che poi scopriremo lungo il libro.

Perde anche le sue sostanze, beh almeno c’è la salute, noi diremmo, e invece no, anche quella viene persa con la vista, perde la vista Tobi e quindi si trova ad essere dipendente dagli altri. L’incapacità di verificare di persona la verità di quello che vede, di quello che trova, che lo porterà a dubitare della bontà di sua moglie, quando porta a casa il giusto salario e infine, al termine di tutto questo percorso, questo uomo riceve il colpo di grazia, gli vengono tolti anche gli affetti più cari. Così dirà la moglie a Tobi: “Dove sono le tue elemosine, dove sono le tue buone opere, ecco lo si vede bene da come sei ridotto”. Oltre la ferita, anche la ferita di sentirsi dire dalla propria moglie che quello che ha fatto non vale nulla, non vale niente, perché lo si vede da come sei messo, non hai più niente, non hai più nessuno, non hai neanche più la salute, ecco che cosa ti ha dato il Signore.

Grande provocazione questa.

Anche sua moglie esasperata lo abbandona e gli rinfaccia le conseguenze che ha avuto la sua fedeltà a Dio, che la sua fedeltà a Dio non ha portato nessun beneficio.

Tobi è un uomo che rimane solo. Proviamo a metterci per un attimo nei suoi panni: un uomo umiliato, senza speranza, triste, fino a desiderare la morte e dirà lui: “È meglio di questa angoscia”. Tobi è arrivato a questo punto della sua vita, il punto più basso, sembra ricordare molto Elia, con la sua focaccia, che chiede a Dio “preferisco morire piuttosto che…”. Un po’ come quegli uomini buoni che per la loro bontà vengono bistrattati da tutti e per la loro bontà e remissività si trovano a pagare un prezzo spropositato, apparentemente non portano a casa nulla, anzi sono abbandonati al loro destino, tant’è che viene naturale chiedersi, ne vale la pena? Chi legge questo libro e si ferma qua la domanda diventa naturale, ne vale la pena di essere fedeli così al Signore?

In una condizione come questa Tobi è un uomo che ha di fronte almeno tre strade, io ne ho individuate tre, che son le strade degli uomini e delle donne di tutti i tempi: la prima strada che ha davanti è la bestemmia, è la ribellione; la seconda strada è l’accettazione della morte, anzi forse addirittura la richiesta della morte; la terza è la preghiera, che pone le basi in qualcun altro.

La prima, la bestemmia e la ribellione, è forse la reazione più istintiva che dà sfogo alle nostre frustrazioni, ma alla fine ci lascia ancora più soli e tristi di prima. La bestemmia qui non è intesa come sfogo, come dare dei titoli a Dio, perché noi racchiudiamo la bestemmia solo lì, ma la bestemmia vera non è quello principalmente, ma è la separazione profonda con Dio, vuol dire imputare Dio come il diretto responsabile di ciò che succede, una ribellione che però crea una netta frattura, che pretende di insegnare a Dio ciò che è giusto e ci lascia ancora più tristi e soli, perché non è un dialogo con Dio, che sarebbe pur nello sfogo, potrebbe essere anche costruttivo, immaginiamoci tante lotte degli uomini con Dio, che faccia a faccia, a muso duro, si rapportano con il Signore. Qua non è un rapporto costruttivo, ma è un monologo, la bestemmia è un monologo di accusa che ci allontana da Lui e ci allontana da noi stessi, è quello che ci porta ad essere ancora più soli.

L’altra possibilità che trova di fronte a sé è l’accettazione della morte, che è il contrario della ribellione. Non si ha più neanche la forza di combattere, non si ha più neanche la forza di arrabbiarsi, la delusione e la disperazione ci portano a chiedere la morte, per lo meno così finisce la sofferenza, una sofferenza che non si è in grado più di sopportare. Così però perdiamo un’occasione importante, che in quella sofferenza può portare frutto per noi e per gli altri, ci arrendiamo e non apriamo il nostro cuore al Signore, a chiedere le motivazioni.

Il terzo atteggiamento è quello che il nostro protagonista sceglie di fronte a tanta sofferenza, che è quello della preghiera. La preghiera quella vera, quella che è un dialogo costruttivo con Dio, un dialogo vero, forse anche duro, sicuramente profondo e schietto. Tobi nella sua preghiera fa vedere la sua grandezza di uomo onesto, con se stesso e con Dio. Tobi non si nasconde, non si mette di fronte a Dio come una maschera, ma si mette di fronte a Dio così com’è, con la sua fedeltà e le sue ricchezze, con le sue fatiche e con i suoi dolori e con la sua tristezza che ha nel fondo del cuore. A volte io penso invece che la nostra preghiera, per non dire alle volte anche la nostra vita, sia un po’ di plastica. Quand’è che abbiamo trasformato la preghiera in un modo in cui mettiamo le mani che siano belle unite, attaccate, che ci sia l’inchino, la genuflessione, in cui diamo del voi a Dio, in cui addirittura cambiamo la voce per parlare con Dio, come se Dio non conoscesse il profondo del nostro cuore.

A me questa è una cosa che fa impazzire. Come se uno dovesse avere una voce per parlare con Dio, come se non gli bastasse già la sua stessa vita per parlare con Dio.

Una vita un po’ ‘intortata’, una preghiera un po’ così ingessata, che non va al fondo delle cose. Noi se dobbiamo parlare con Dio, dobbiamo parlare da uomini e da donne, dobbiamo comunicare con Lui, dobbiamo comunicare la nostra vita. La preghiera deve essere proprio un dialogo che ci aiuta ad entrare in comunione con il Signore. Se no rimane una serie di paroline che non ci servono per smuovere il nostro cuore.

Noi siamo chiamati, chi si accosta alla Parola di Dio è chiamato profondamente a mettersi di fronte al Signore così. E allora vorrei leggervi un po’ la preghiera, che non abbiamo letto questa sera perché non si può leggere tutto, però mi sembra importante perché da questo snodo poi partirà la storia di Sara e queste due preghiere che si incontrano, daranno sviluppo a questo libro, se no, non si capisce. La troviamo al capitolo tre, all’inizio del capitolo tre.

Dice così Tobi, lasciate da parte il castigo di Dio, il castigo dei padre, dei figli, che non ci interessano questa sera, ma voi ponete attenzione a quello che c’è nel cuore di questo uomo e la sua disposizione verso Dio:

1 Con l’animo affranto dal dolore, sospirai e piansi. Poi presi a dire questa preghiera di lamento: 2 «Tu sei giusto, Signore, e giuste sono tutte le tue opere. Ogni tua via è misericordia e verità. Tu sei il giudice del mondo. 3 Ora, Signore, ricordati di me e guardami. Non punirmi per i miei peccati e per gli errori miei e dei miei padri. 4 Violando i tuoi comandi, abbiamo peccato davanti a te. Tu hai lasciato che ci spogliassero dei beni; ci hai abbandonati alla prigionia, alla morte e ad essere la favola, lo scherno, il disprezzo di tutte le genti, tra le quali ci hai dispersi. 5 Ora, nel trattarmi secondo le colpe mie e dei miei padri, veri sono tutti i tuoi giudizi, perché non abbiamo osservato i tuoi decreti, camminando davanti a te nella verità. 6 Agisci pure ora come meglio ti piace; da’ ordine che venga presa la mia vita, in modo che io sia tolto dalla terra e divenga terra, poiché per me è preferibile la morte alla vita. I rimproveri che mi tocca sentire destano in me grande dolore. Signore, comanda che sia tolto da questa prova; fa’ che io parta verso l’eterno soggiorno; Signore, non distogliere da me il volto. Per me infatti è meglio morire che vedermi davanti questa grande angoscia e così non sentirmi più insultare!».

(Tb 3, 1-6)

Lasciamo da parte appunto tutta la questione del castigo se no ci perdiamo in discussioni che non ci portano al centro di questa preghiera.

Innanzitutto questo uomo, che è triste, umiliato, pieno di lacrime, inizia la sua preghiera, ringraziando Dio. Vuol dire che lui non imputa a Dio questa colpa, c’è la consapevolezza dei suoi meriti, l’umiltà di mettersi al secondo posto, il coinvolgimento profondo del suo essere, non nasconde niente di quello che sta vivendo, ma soprattutto la consapevolezza della misericordia della verità di Dio e ancora una volta nella fatica e nella sofferenza si rimette alla volontà di Dio e qui sta la grandezza, in una lotta, in una discussione di verità: “Comanda che io sia liberato da questa prova, ma poi agisci come pare a Te”, una fede gigantesca.

Gigantesca.

Secondo me è in questa direzione “Non la mia ma la tua volontà”, potremo parafrasare con le parole di Gesù nel Getsemani: “Togli da me Signore questo calice, ma non si ha fatta la mia, ma la tua volontà” che la figura di Tobi ha da insegnarci proprio tante cose, probabilmente ce ne sono anche altre molto più importanti, io ho trovato queste.

A voi in questo tempo la voglia di cercare, di scrutare in questo uomo un barlume di speranza, un barlume di fede.

MEDITAZIO

Qualche domanda per questo tempo di silenzio, che vi possa un po’ aiutare a contemplare questa figura.

La prima è come vivo le opere di misericordia nella mia vita, le opere di misericordia sono corporali e spirituali. Varrebbe la pena di cercarle e riguardarle queste opere di misericordia spirituali e corporali.

La seconda è com’è la mia preghiera, è viva, è vera oppure è una preghiera incellofanata, che serve solamente ad essere messa come soprammobile della nonna.

La terza domanda è com’è il mio rapporto con la fatica, con la delusione, con la sofferenza: a chi mi rivolgo, a chi chiedo aiuto, in chi spero, qual è la mia reazione.

Tre domande semplici però che vanno nella profondità di quello che ci siamo detti.

ACTIO

Avrei pensato di proporvi questa actio, cioè un impegno. L’impegno potrebbe essere quello di andare a rivedere le opere di misericordia spirituale e corporale, a rileggerle e a guardare anche delle spiegazioni, vedere che cosa vogliono dire, quali sono queste opere che magari possono fare per me. E poi insieme a questa un’altra operazione, quella di disimballare la mia preghiera e la mia vita spirituale, cioè togliere l’imballaggio, magari è stato imballato perché uno non voleva guardare, camminare, soffrire o altro, può essere in questo mese l’impegno di disimballare un po’ la nostra vita spirituale, la nostra preghiera, facendoci ispirare dalle opere di misericordia corporale e spirituale.