don Alessandro Lucini – Barbara Bosetti – Paolo Monticelli

QUARESIMA 2025
ARTE, FEDE E MUSICA

LA RESURREZIONE DI LAZZARO – 11/03/2025

11 marzo 2025

PREMESSA

Queste serate saranno divise in tre parti:
FEDE: lettura di un brano evangelico e lectio
ARTE: presentazione di un’opera d’arte
MUSICA: ascolto di un brano di musica classica

FEDE

Vangelo secondo Giovanni 11:1-44

1Era allora malato un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella. 2Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, il tuo amico è malato».

4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro. 6Quand’ebbe dunque sentito che era malato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi, disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». 8I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». 9Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perché gli manca la luce». 11Così parlò e poi soggiunse loro: «Il nostro amico Lazzaro s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo». 12Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se s’è addormentato, guarirà». 13Gesù parlava della morte di lui, essi invece pensarono che si riferisse al riposo del sonno. 14Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15e io sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate. Orsù, andiamo da lui!». 16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse ai condiscepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».

17Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era già da quattro giorni nel sepolcro. 18Betània distava da Gerusalemme meno di due miglia 19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello. 20Marta, dunque, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risusciterà». 24Gli rispose Marta: «So che risusciterà nell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «lo sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo».

28Dopo queste parole se ne andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29Quella, udito ciò, si alzò in fretta e andò da lui. 30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31Allora i Giudei che erano in casa con lei a consolarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando: «Va al sepolcro per piangere là». 32Maria, dunque, quando giunse dov’era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». 33Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse: 34«Dove l’avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Vedi come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?».

38Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra. 39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, già manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. 42Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43E, detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare».

LECTIO

Siamo di fronte a un testo molto lungo, molto conosciuto, e quando siamo di fronte a un testo molto conosciuto bisogna fare lo sforzo di vederlo nella freschezza, cioè ti riguardarlo non sapendo come va a finire la storia, ma lasciando dello spazio a dei dettagli, andando più in profondità in questo, perché alle volte il testo ha da consegnaci dei dettagli importantissimi.

Innanzitutto in questo testo, se fate caso, e lo riguardate una volta, due volte, tre volte, vi accorgete che qua ci sono dentro tutti i sentimenti dell’uomo. Tutti. C’è l’incredulità, c’è il coraggio e la paura dei discepoli e la stessa intraprendenza dei discepoli: “andiamo anche a noi a morire con Lui”, c’è l’incomprensione, c’è il dolore, la fatica, c’è l’amore per questo gruppo di discepoli, per questa famiglia, ricordiamoci che Marta, Maria e Lazzaro sono gli amici di Gesù. Sono gli amici da cui Gesù va a riposare il cuore, sono gli amici dai quali Gesù va a sostare quando Gesù è stanco dei discepoli che non capiscono, della gente che continua a chiedere, Gesù va a Betània a riposare.

È un brano anche molto strano nella sua costruzione, non di facile interpretazione all’inizio, dice “Il tuo amico è malato” e [Lui] se ne va, “è morto” è [Lui] va là, c’è qualcosa che non funziona, la struttura narrativa andrebbe fatta in maniera differente, invece c’è questa cesoia, questa incongruenza e ci vuole raccontare però qualcosa, vuol dire che quello che ci viene raccontato non è dato dall’impeto, ma è una scelta, quella di Gesù.

Quando Gesù sa che Lazzaro sta male la scelta è quella di sostare, di aspettare gli eventi che si susseguono, sapendo probabilmente che Lazzaro sarebbe morto. Tant’è che questa è una cosa che gli rinfacciano i farisei “ma Lui se lo ama veramente perché non l’ha guarito, ha guarito il cieco che neanche conosceva”. Il cieco non faceva parte della sua cerchia, qua i farisei ripercorrono i prodigi di Gesù, quindi è gente che ha già visto degli altri prodigi, e sa con chi ha a che fare, e dicono “ma come se lo amava così tanto, se era veramente così suo amico perché non l’ha salvato?”

O Lazzaro non era amico di Gesù oppure c’è qualcosa di diverso.

Noi sappiamo che Lazzaro è amato da Gesù profondamente, e lo deduciamo dal suo comportamento, perché questa traduzione rispetto alle altre, ci consegna un gesto di Gesù che vediamo solo qua, non lo vedremo neanche sotto la croce, Gesù a un certo punto “scoppia in pianto” e con questa espressione, prima si dice “si commosse profondamente”, ma quando uno si commuove gli viene il magone, ma riesce ancora a fare un passo di distanza e invece qua vediamo un Gesù che vedendo quelli che amavano Lazzaro, sentendo quello che provava dentro di sé, guardando le sorelle, scoppia in pianto, cioè a un certo punto Gesù non ce la fa più.

E chi dice che Gesù non è stato profondamente umano dovrebbe leggersi questo brano un po’ di volte. C’è un comportamento di Gesù che entra nella natura profonda umana, che è quella di perdere qualcuno; Gesù perde non qualcuno di insignificante per la sua vita, ma un suo amico, l’amico dal quale tu vai a confidarti, quello da cui trovi il sostegno.

Gesù sperimenta anche cosa vuol dire questo. Dio sperimenta anche cosa vuol dire la lontananza, la perdita di una persona cara.

Uno dice: “E beh è semplice, Gesù credeva nella resurrezione” certo però se è stato profondamente uomo, probabilmente ha provato anche cosa vuol dire un distacco, cosa ha voluto dire soffrire fino in fondo.

Quando noi pensiamo a Gesù, lo dobbiamo pensare come un compagno di viaggio che, tranne nel peccato, così dice la nostra fede, tranne che nel peccato è stato vero uomo fino in fondo.

Ecco questo uomo Gesù a un certo punto fa questa scelta, che è una scelta che ripeterà anche sotto la croce, e che poi vedremo anche negli atteggiamenti di Gesù, nel quadro, che indica la mano di Lazzaro.

Gesù fa una scelta precisa, vuole salvare questo uomo non nonostante la sofferenza, ma nella sofferenza, vuole attraversare questo percorso che non è un accident, non è qualcosa che è successo, sembra quasi che Gesù voglia percorrere questa strada per salvare l’uomo, e noi che sappiamo come va a finire ci accorgiamo che Gesù, nell’Orto degli Ulivi, sceglierà di seguire “non la mia, ma la Tua volontà” fino alla fine “passi da me questo calice”, cioè se ne posso fare a meno, ma se questa è la Tua volontà e se questo è il modo che abbiamo per salvare l’uomo, salviamolo così.

Attraverso Lazzaro, che poi viene risuscitato e viene anche liberato dai “giornalisti del tempo” – “lasciatelo andare” – Lazzaro poi dovrà morire ancora, quindi “che fortuna Lazzaro, ma non è che…” dovrà morire ancora Lazzaro. È questo un segno che Gesù dà ai suoi discepoli e che i discepoli non capiscono, all’inizio dicono “torniamo là, ma quelli non volevano ucciderci? E noi torniamo là, ma questi ci fanno secchi” e dopo dicono “ma no, andiamo, Lazzaro è morto, andiamo a morire con Lui”.

Mentre Gesù attraversa in maniera pacata tutta questa sofferenza, e gli dà un senso nuovo, ed il senso è: non perdere la fede.

Perché quello che dirà alle due sorelle, e quello che dice anche agli altri personaggi è nonostante la sofferenza di non perdere la fede nella resurrezione, e la resurrezione di Lazzaro non è a favore di Gesù perché vuole smettere di soffrire, perché andremmo lontano da quello che vuole fare Gesù. Ma serve per rinfrancare la fede, per aumentare la fede di queste persone

Allora in queste serate di Quaresima in cui iniziamo questo tempo di preparazione, magari potremmo un po’ tornare su questa figura di Gesù che attraversa, insieme ai suoi amici, insieme ai suoi affetti più cari, anche il tema della fatica, della sofferenza, non si lascia schiacciare dalla sofferenza, ma gli dà una connotazione nuova.

Anche attraverso la fatica e la sofferenza possiamo scoprire il volto di Dio, che ci aiuta, che ci accompagna, che ci perdona e che ci conforta.

Contempliamo un po’ questo dipinto e cerchiamo di entrare un po’ di più in questo mistero del dono di Gesù, anche attraverso le fatiche della nostra vita.

ARTE

Michelangelo Merisi da Caravaggio,
(1571 Milano- 1610 Porto Ercole, GR)
La resurrezione di Lazzaro,
1609, olio su tela, 380×275 cm,
Museo Regionale, Messina

Questa sera il tema del dipinto è La resurrezione di Lazzaro, è un dipinto di Caravaggio molto grande, quasi quatto metri di altezza ed è interessante il fatto che sia stato commissionato non tanto per una questione religiosa, perché il committente, in questo caso, è un mercante genovese, che si chiamava Giovanni Battista de’ Lazzari e quindi per questo motivo in realtà ha scelto, ha commissionato a Caravaggio un’opera con questo soggetto.

Caravaggio ne fa un capolavoro anche molto suggestivo dal punto di vista proprio religioso, quindi anche dal punto di vista della fede.

È un’opera che realizza nel 1609, l’anno dopo Caravaggio morirà a causa di una febbre, proprio mentre stava tornando, in una tappa a Porto Ercole, per ottenere l’assoluzione, perché era ricercato per omicidio.

Di solito non racconto mai niente sui pittori, però in questo caso è significativo sapere il momento in cui ha dipinto questo quadro; al di là dell’anno (che è precedente alla morte), Caravaggio si trova in questo momento con grosse colpe sulla coscienza probabilmente, perché aveva commesso un omicidio, era stato quindi accusato e condannato alla decapitazione, quindi chiunque lo incontrava, anche in strada avrebbe potuto decapitarlo, questo recitava la sua condanna; quindi immaginate in che modo potesse fuggire, in che modo vivesse, ha per fortuna la protezione di uno dei Colonna, quindi riesce tutto sommato a cavarsela, però sicuramente con un grosso peso sulla coscienza.

Poco prima di quest’anno, cerca di entrare nell’ordine dei Cavalieri di Malta, perché sembra voglia davvero redimersi in questo modo e ottenere il perdono anche dal papa, apparentemente ci riesce, ma poi di nuovo è coinvolto in alcune risse, quindi di nuovo è costretto a scappare, ma sempre più nei suoi dipinti, di questi ultimi anni, i colori diventano tetri, spessissimo ci sono delle teste mozzate nei suoi dipinti, quindi anche proprio questo senso di paura della morte. Lo dico perché poi vedremo che questa tensione tra il bene e il male, la percepiremo, vedendo anche l’autoritratto che ha inserito nel dipinto, però prima ci concentriamo sulla composizione dell’opera.

Con queste linee, vedete, si percepisce subito che si tratta di una composizione molto ordinata, però con un forte squilibrio tra la parte alta, il registro superiore che è completamente vuoto e molto scuro, e poi l’affollarsi invece nel registro inferiore con tutta una serie di personaggi, con una struttura compositiva molto lineare. C’è questa linea orizzontale (arancio) che parte dalla testa del personaggio di sinistra, che separa i due registri, c’è il braccio di Cristo che dà una direzione che coincide con la testa di una delle due sorelle in una direzione orizzontale (azzurro) e poi c’è questa linea discendente (verde) che coincide di fatto con la testa di Cristo e arriva all’altra testa quella di Lazzaro, che è in simmetria quasi speculare con quella della sorella e questa altra linea discendente (azzurra), che segue proprio il corpo stesso di Lazzaro.

Questa composizione serve un po’ a mettere in evidenza con questi due triangoli, uno quello azzurro, l’altro quello verde, le due figure principali che sono appunto quella di Cristo e quella di Lazzaro.

La composizione trova poi un ulteriore ordine in questa forma di croce, e poi vedremo che la croce è uno degli elementi che ritorna in questo dipinto.

Anche questa Croce è determinata da due linee fondamentali per il tema, il braccio di Cristo che ridona la vita e la mano di Lazzaro che crea questa verticale, quindi la composizione è molto ordinata.

Vediamo la prima delle due figure, per l’ appunto quella di Cristo che Caravaggio riprende molto simile a un’altra sua opera, che è quella di La Vocazione di Levi, in cui si vede che la posizione del braccio è proprio la stessa. E anche il tema, se vogliamo, è un po’ lo stesso, perché Levi verrà chiamato da Gesù e cambia la sua vita, quindi di fatto la salvezza arriverà per Levi da questa chiamata e la nuova vita di Lazzaro parte proprio da questo stesso gesto.

Sicuramente c’è un tema in comune, così come in comune è il fatto che la luce non è una luce naturale, vediamo una finestra, ma la luce proviene da un’altra parte che non vediamo e la stessa cosa avviene appunto nel dipinto che stiamo esaminando.

Cristo, quindi, allungando questo braccio, indicando Lazzaro, gli ridona la vita, ma, se osserviamo l’altra mano, notiamo che con l’indice indica chiaramente verso il basso, dove vediamo queste ossa.

Sicuramente, c’è anche la questione che a Messina erano state da poco rinvenute le ossa di san Placido, comunque, Caravaggio vivendo a Messina aveva voluto sicuramente fare un tributo a questo fatto, ma in realtà questo gesto ha un valore molto simbolico, perché, come abbiamo appena ascoltato, Lazzaro qui avrà la vita, ma sarà destinato nuovamente alla morte, non è la resurrezione di Cristo destinata ad essere una resurrezione definitiva, e questo gesto probabilmente sta proprio ad indicare, a ricordare che si tratta di un miracolo, come abbiamo letto, avvenuto “perché crediate”, ma è destinato a ribadire che di nuovo questa vita avrà una fine.

Abbiamo poi l’altra figura, sicuramente centrale, che è quella di Lazzaro, il cui corpo è completamente inondato dalla luce, sembra che questa luce, di cui non conosciamo la provenienza, lo invada completamente, quasi come se ci fosse una sorta di scarica elettrica e questo corpo che è completamente inanimato, salvo nelle braccia, si sta ridestando, abbiamo queste braccia che sono l’unico elemento non cascante, come appunto quello del cadavere, e queste braccia nella loro posizione richiamano chiaramente la croce. Quindi la posizione di Lazzaro è innanzitutto quella della croce, quindi la salvezza arriva attraverso la croce e questa posizione ce la ricorda in maniera assolutamente immediata.

Al tempo stesso però, certamente, questa rinascita è una rinascita destinata appunto ad avere una durata, quindi questa posizione delle braccia ricorda anche un po’ quella dell’uomo che si risveglia, l’atteggiamento dello stiracchiarsi, e qui c’è proprio il riferimento al sonno, nominato nel Vangelo, quasi come se ci fosse questo risveglio a una nuova vita, ed è sicuramente sottolineato da queste mani aperte, però anche qui, se osserviamo bene la posizione delle mani, al di là delle braccia che formano una croce, la posizione delle mani è particolare, da un lato una sembra quasi cercare questa luce, quasi come a volerla inglobare completamente, dall’altro però c’è l’altra che tende appunto verso il basso, in particolare, proprio verso queste ossa che, con il teschio, rappresentano la morte, e in questo c’è probabilmente anche la connessione con questa vita che sta tornando, ma nella vita c’è questo contrasto, questa continua dicotomia tra bene e male, morte e vita che sono qui rappresentate.

La luce che rappresenta il bene, ma al tempo stesso, questa tensione dell’uomo, questa facilità in cui l’uomo cade sempre verso il male, ed è nella natura umana questo continuo passaggio dall’uno all’altro.

Qui vediamo, a proposito di questa duplicità, che c’è un personaggio in particolare che è stato messo dal pittore esattamente dietro la mano di Cristo, che non sta osservando la scena, sta guardando in un’altra direzione, mentre vediamo che anche alcuni becchini, questi altri personaggi, questi astanti dietro, che potrebbero anche essere i discepoli, stanno proprio osservando con curiosità la scena, c’è chi sta guardando in un’altra direzione che è la provenienza della luce, ma con dei volti preoccupati, un po’ contorti, ma il personaggio dietro la mano di Gesù invece sembra proprio cercarla questa luce, non guarda la scena, ma cerca altrove, guarda appunto verso la luce, che rappresenta la salvezza, e questo è proprio l’autoritratto di Caravaggio.

uole mettere in evidenza questo senso di ricerca, da un lato della salvezza, ma poi il personaggio si staglia verso lo sfondo scuro, verso questo buio che invece potrebbe facilmente inglobarlo, quindi la ricerca personale del pittore, di voler tendere verso il bene, ma poi spesso essere invece attratto dalle tenebre.

Possiamo osservare le posizioni anche degli altri personaggi, che di fronte a questa scena, di fronte a questo dolore (così come nel brano del Vangelo abbiamo visto, e don Alessandro ce lo ha sottolineato) hanno diverse reazioni, tante diverse emozioni umane, anche qui il Caravaggio, ne indica varie, c’è chi osserva uno spettacolo quasi come incuriosito, c’è chi cerca forse di capire, è quasi spaventato da quello che avviene, chi svolge il suo lavoro, come questo becchino che fa quasi da sostegno al corpo di Lazzaro, c’è chi cerca di darsi delle spiegazioni e cerca di essere proteso verso il bene, e poi c’è chi fatica, proprio per gli affetti, a staccarsi da questo dolore: le due sorelle hanno appena subito una perdita grave, quindi vediamo che creano proprio una sorta di prolungamento di questa diagonale verso il corpo del fratello, e una in particolare ha un volto che è proprio speculare rispetto a quello di Lazzaro, verso cui è protesa.

Questi personaggi non sono un corredo, ma servono proprio a mettere in evidenza come il dolore, di fronte alla morte, o come essere di fronte a un miracolo, abbia in ciascuno delle reazioni diverse.

Quello che rimane quasi imperturbabile, in questa scena, è proprio Cristo, che paradossalmente è in ombra, proprio Lui che è colui che porta la luce. Il suo braccio segue proprio la direzione della luce, ma Egli è colui che è messo in ombra, e qui probabilmente potremmo anche interpretare tale scelta in maniera un po’ simbolica: la sua resurrezione deve ancora venire, come abbiamo sentito anche prima, deve ancora passare per le difficoltà, la morte, le ombre e le tenebre della sua piena umanità, ma intanto è Colui che porta la salvezza, attraverso questa croce che è indubbiamente il primo elemento della salvezza.

MUSICA

La resurrezione di Lazzaro, brano di don Lorenzo Perosi (1872-1956)

Struttura dell’Oratorio

L’opera è un oratorio in due parti per canto e orchestra. Perosi utilizza cori, arie e recitativi per narrare l’evento e per esprimere le emozioni dei personaggi. Il linguaggio musicale di Perosi è caratterizzato da una solida base compositiva, da una ricca armonia e da una melodicità espressiva.

L’orchestrazione è sobria ma efficace, creando atmosfere suggestive e sottolineando i momenti drammatici.

I cori hanno un ruolo fondamentale, rappresentando la voce del popolo e commentando l’azione.

Le arie solistiche permettono ai personaggi di esprimere i loro sentimenti più profondi.

Il pianto di Cristo è un momento di grande intensità emotiva.

Il momento della resurrezione è caratterizzato da una musica maestosa e trionfale.

Nella composizione si possono notare influenze della musica sacra rinascimentale e barocca, ma anche elementi del linguaggio musicale romantico.

Il brano è tratto dalla 2a parte dell’opera da: 1,06’,58’’ a 1,11’,42

Opera completa: https://www.youtube.com/watch?v=qYzg2hMFDsA

Libretto dell’oratorio completo: LIBRETTO-DELLORATORIO.pdf