DON ALESSANDRO LUCINI
Anno 2024/25
RICORDATI DI ME
La parabola di Tobia
Proposta di lectio divina per adulti – decanato di Castano.
14 novembre 2024
Ricordati di me
Il dramma di Sara
(Tb 3, 7-15)
7 Nello stesso giorno a Sara, figlia di Raguele, abitante di Ecbàtana, nella Media, capitò di sentirsi insultare da parte di una serva di suo padre, 8 poiché lei era stata data in moglie a sette uomini, ma Asmodeo, il cattivo demonio, glieli aveva uccisi, prima che potessero unirsi con lei come si fa con le mogli. A lei appunto disse la serva: «Sei proprio tu che uccidi i tuoi mariti. Ecco, sei già stata data a sette mariti e neppure di uno hai potuto portare il nome. 9 Perché vorresti colpire noi, se i tuoi mariti sono morti? Vattene con loro e che da te non dobbiamo mai a vedere né figlio né figlia». 10 In quel giorno dunque ella soffrì molto, pianse e salì nella stanza del padre con l’intenzione di impiccarsi. Ma tornando a riflettere pensava: «Che non insultino mio padre e non gli dicano: “La sola figlia che avevi, a te assai cara, si è impiccata per le sue sventure”. Così farei precipitare con angoscia la vecchiaia di mio padre negli inferi. Meglio per me che non mi impicchi, ma supplichi il Signore di farmi morire per non sentire più insulti nella mia vita». 11 In quel momento stese le mani verso la finestra e pregò: «Benedetto sei tu, Dio misericordioso, e benedetto è il tuo nome nei secoli. Ti benedicano tutte le tue opere per sempre. 12 Ora a te innalzo il mio volto e i miei occhi. 13 Comanda che io sia tolta dalla terra, perché non debba sentire più insulti. 14 Tu sai, Signore, che sono pura da ogni contatto con un uomo 15 e che non ho disonorato il mio nome, né quello di mio padre nella terra dell’esilio. Io sono l’unica figlia di mio padre. Egli non ha altri figli che possano ereditare, né un fratello vicino, né un parente per il quale io possa serbarmi come sposa. Già sette mariti ho perduto: perché dovrei vivere ancora? Se tu non vuoi che io muoia, guarda a me con benevolenza: che io non senta più insulti».
LECTIO
Se la scorsa volta abbiamo ascoltato la vicenda di Tobi con la sua sofferenza, questa sera invece ascoltiamo la vicenda di Sara con la sua sofferenza. Non ci fermeremo troppo sulla sofferenza di Sara perché l’abbiamo già vista nel parallelismo con Tobi, ma ci introduciamo un po’ di più nella sua preghiera, nella sua intercessione.
Innanzitutto ci stiamo addentrando nell’intimità di una persona, nell’intimità di questa donna. E’ una donna ferita nell’animo, è una donna ferita nell’orgoglio che vive la solitudine; non ha un marito, non ha una discendenza e, al tempo, non conti nulla, quindi è come se fosse una persona abbandonata a se stessa. Destinata potremmo dire alla morte e ha provato più volte a compiere la propria vita, ma noi la definiremmo oggi una persona sfortunata, che è stata sfortunata nella vita.
Però Sara è una persona paziente, ha atteso, ha attraversato le avversità della vita, tutte le tribolazioni che la vita gli ha messo di fronte, potremmo dire anche con una pazienza infinita. Qualcuno si potrebbe anche stancare, ben sette relazioni sono finite e sono finite tragicamente, tragicamente tutte nello stesso modo. Ma noi sappiamo, dalla preghiera di Sara, che non è colpa sua, lei non c’entra. Se avete spiluccato un po’ il libro di Tobia avrete visto che lei non c’entra, ci viene detto appunto che è Asmodeo, ma ci viene poi spiegato più avanti, in modo anche esplicito, che verrà liberata da questo demonio che le fa vivere questa fatica.
Questa donna già vive la fatica di sopportare tutte queste disgrazie che gli succedono nella vita, di cui non ha colpa, però quello che un po’ la fa crollare è l’insulto delle persone che gli sono attorno che, spinte dall’incomprensione, probabilmente dalla paura o forse dal pregiudizio, magari anche dalla cattiveria, insultano questa donna che non c’entra nulla con quello che succede. E spesso accade anche nella nostra vita, alle volte il dolore non si comprende, alle volte il male non dipende da noi, ecco queste altre persone poi vengono definite come una “serva” e questo ricorda anche il tradimento di Pietro, una “serva”, cioè qualcuno che contava poco eppure riesce a ferire questa donna nel profondo. E succede spesso di sentire persone un po’ ferite così gratuitamente dal giudizio, dal pettegolezzo, dalla smania di sapere, da tante altre cose. Ecco Sara arriva al limite della sua vita, oramai non sopporta più, tant’è che l’unica via di fuga che vede per se stessa è quella di togliersi la vita per non sentire più gli insulti. Quando si arriva a questo momento bisogna avere la grazia, come Sara, di incontrare qualcuno, di ricordarsi qualcosa, di avere un gesto di misericordia, di avere ancora quel colpo di reni per potere dire no, non ne vale la pena. Per Sara è il ricordo del padre; nel luogo in cui decide di togliersi la vita si ricorda di suo padre, un piccolo pensiero che però fa desistere questa donna da compiere un gesto estremo. Questa sofferenza la porta poi ad invocare il Signore, come è successo anche per Tobi, così per Sara la sofferenza e il dolore si trasforma pian piano in affidamento, un affidamento che è proprio della preghiera di Sara e in questa preghiera trova il suo sviluppo, il suo compimento.
E mi è sembrato, nel preparare questa serata, che ci siano degli spunti molto importanti anche per la nostra vita, per la nostra vita spirituale, per la nostra vita di preghiera.
Mi piace con voi questa sera guardare un po’ la struttura di questa preghiera che vi invito a fare vostra, perché in questa preghiera c’è il cammino di ogni cristiano. Ogni preghiera profonda di affidamento a Dio dovrebbe avere questa struttura, perché questa struttura è la struttura che ci aiuta ad arrivare a Dio. Altre cose ci portano più lontano, magari ci fanno sentire più appagati, magari ci fanno sentire più tranquilli, magari non ci fanno vedere alcune cose. Invece mi sembra di rileggere in questa struttura, in questa preghiera, la volontà profonda del cristiano di cambiare la propria vita e di mettersi alla sequela di Dio.
Innanzitutto la preparazione alla preghiera. Sara è rivolta alla finestra e qui i biblisti, che hanno studiato più di me, suggeriscono che questa finestra dovrebbe essere stata orientata verso Gerusalemme, quindi orientata verso il tempio. E quando noi viviamo la nostra preghiera, la prima cosa che dobbiamo fare è trovare un luogo, chi pratica la preghiera Ignaziana ben sa che la prima scelta che uno deve fare, e costa fatica, è quella di trovare un luogo, un luogo che ci aiuti nella preghiera. Possiamo pregare in tutti i luoghi, ma non tutti i luoghi vanno bene per noi. Non tutti i luoghi ci aiutano, ci serve un luogo che crei l’attesa, che crei il desidero dell’incontro con Dio, magari attraverso dei simboli, dei rimandi che preparano il nostro cuore all’incontro con il divino. Alle volte noi ci meravigliamo quando facciamo fatica nella preghiera, spesso non creiamo noi le condizioni però perché il Signore possa parlare. Il distacco dalla vita di tutti i giorni, iniziamo la preghiera in maniera convulsa senza lasciare uno spazio di silenzio, un tempo di preparazione. Ecco, la prima cosa è proprio la preparazione alla preghiera, il luogo, la preparazione del proprio cuore, lasciar svuotare tutto quello che arde dentro di noi, perché noi nella vita facciamo tante cose, però abbiamo bisogno di staccare da ciò che ci angoscia per poter incontrare il Signore; parliamo di noi, non ascoltiamo Dio, portiamo a Dio quello che siamo, non facciamo entrare Dio dentro di noi.
Il secondo atteggiamento che leggo in questa preghiera è quello del ringraziamento, questa donna sta pensando di lasciare anzitempo la propria vita, sta vivendo un’angoscia profonda eppure la prima parola che ha nei confronti di Dio è il ringraziamento, e questo ci spiazza, ci lascia perplessi, se va bene. Però la preghiera di Sara parte sempre da un ringraziamento, come tra l’altro è la preghiera di Tobi (che potete andare a riguardare), c’è un rispetto, c’è una venerazione nei confronti di Dio che però, guardate, non è paura. Sara non ha paura di Dio, non c’è neanche l’imputazione del male a Dio, non imputa Sara a Dio il male che riceve. Dio rimane sempre buono, a volte non si capisce, a volte non si sopporta il male, soprattutto quello innocente, ma Dio rimane buono e cerca il nostro bene, quindi la preghiera che è un rapporto con Dio non può iniziare se non con un ringraziamento. Un cristiano inizia la giornata con le lodi, ma non sa ancora che cosa gli aspetta. La lode a prescindere per Dio, se non altro quando siamo nella difficoltà, almeno il ringraziamento perché riusciamo a rivolgerci a Lui anche se siamo nella fatica. E guardate che questa cosa è dura a morire, è dura a morire […] questa idea di un Dio che è pronto a falciarci con la falce della morte; noi abbiamo da benedire Dio, non una maledizione, un ringraziamento, non una ritorsione, “timore” come esprime Kierkegaard e non paura di Dio. Ecco, mi pare che Sara, nonostante la sua sofferenza, non imputi questo a Dio e soprattutto non ha paura di Dio, ma ha un timore reverenziale, quello che si dà alle persone che si stimano, quello che si dà alle persone che si amano, un timore così.
E poi c’è la richiesta istintiva, con la preghiera noi abbiamo sempre, quasi sempre una richiesta, la richiesta quella più istintiva, quella che portiamo nel nostro cuore, questo è un altro passo della nostra e della preghiera di Sara. È quella preghiera che non ci fa dormire e quella che di solito ha la soluzione più semplice, più scontata, anche quella che spesso però non corrisponde al nostro bene, però è bene che noi esprimiamo di fronte a Dio questa preghiera perché noi dobbiamo essere di fronte a Dio nella verità di noi stessi, non in quello che vogliamo far vedere a Dio, ma nella verità di quello che noi siamo. Forse anche sbagliata questa preghiera. Sara chiede a Dio di morire, chiede prendimi, fammi morire che è meglio: “Lascia che io sia tolta dalla terra”. Questo è l’istinto, un istinto di fronte a una sofferenza insostenibile e questa è la nostra richiesta, all’inizio della nostra preghiera e quando noi iniziamo la preghiera abbiamo sempre un desiderio, una richiesta, un favore da chiedere al Signore, un aiuto per noi o per gli altri. Ecco questa io l’ho chiamata la richiesta istintiva
Poi attraverso il confronto con la Parola di Dio si arriva un po’ più in profondità nella preghiera, riconoscendosi di fronte al Signore per quello che si è. Sara sa bene chi è e quale non è il suo peccato, non ha commesso peccato contro questi sette uomini e lo sa bene, e lo mette di fronte a Dio, però questo mettersi di fronte al Signore nella preghiera prevede che noi ci abbiamo lavorato, prevede che noi abbiamo lavorato sui noi stessi, che ci siamo confrontati, che ci siamo messi in discussione profondamente, che vuol dire riconoscere i propri limiti e metterli a servizio, ma senza il lamento. Vedo spesso tante persone che non si conoscono per nulla, ma dicono invece di conoscersi, è difficile arrivare a Dio se non riconosciamo i nostri pregi e soprattutto i nostri difetti. Se non siamo capaci di metterci di fronte al Signore chiedendo di capire chi siamo veramente e che cosa viviamo veramente dentro di noi, non sperimenteremo mai l’amore di Dio perché sarà sempre una preghiera un po’ fasulla, un po’ nascosta. Sara invece conosce bene chi è e quello che è, lo porta di fronte al Signore. E questo è un passo importante secondo me della preghiera che parte appunto dalla verità di se stessi.
Poi un altro passo di questa preghiera è quello dell’allargare gli orizzonti, non è mai una preghiera solo per me, non è mai solo personale. Le monache di clausura vivono nel mondo forse più di noi, perché allargano il loro cuore nella preghiera di intercessione, perché non sono escluse; non sono nel mondo, ma fanno parte del mondo e pregano per il mondo. Ecco allargare i nostri orizzonti come fa anche questa donna nei confronti di suo padre, nei confronti della sua famiglia, che non vuole deludere, che non vuole far soffrire.
Solo dopo questi passaggi arriviamo alla preghiera più profonda, che io ho chiamato così, la richiesta purificata, è una richiesta purificata dal dialogo con Dio, dal dialogo con la sua Parola. Siamo capaci di mettere da parte noi stessi per affidarci alla sapiente misericordia e intercessione di Dio, la preghiera passa da preghiera di intercessione a preghiera di affidamento. Il nostro cuore, i nostri desideri che abbiamo portato all’inizio della preghiera nell’incontro con Dio vengono purificati o meglio vengono riorientati alla maggior gloria di Dio. Non sono più io che chiedo come togliermi una sofferenza, che ti dico come togliermi una sofferenza, ma sei Tu che vuoi suggerirmi, dirmi la modalità con cui togliere il mio fardello; non è più il paziente che dice al medico di essere guarito e come va guarito, ma ascolta qual è la cura che il medico gli propone. Ecco questo mi sembra una trasformazione importante nella preghiera. Quando uno percepisce e vive questa trasformazione nella preghiera è anche capace di seguire il Signore, è anche capace di far trasformare il suo cuore ed è anche capace di aprire il proprio cuore a Dio, e qui è il titolo della serata di oggi, lo spazio dell’attesa “ricordati di me”, lo spazio dell’attesa del compimento di quello che il Signore ci propone non è tutto e subito, però il cuore può trovare pace anche nell’affidamento, anche se questa promessa non è ancora compiuta, come fa questa donna, non è compiuto nulla, non è né morta né gli ha tolto gli insulti, eppure questa donna sperimenta probabilmente la pace di Dio, quella pace che non ti fa sentire abbandonata, che non la fa sentire così, non è ancora stata esaudita la preghiera, però io posso trovare pace nella presenza rassicurante di Dio.
Certo per fare questo passo ci vuole una grande fede, ma bisogna anche chiedere un grande dono, ecco questa donna forse ha da insegnarci su come si prega, su come ci si affida al Signore, parte da una vita di sofferenza e si apre a una speranza che va al di là del tempo presente.
Chiediamo al Signore che non ci lasci chiusi nella nostra sofferenza, ma ci doni la grazia di aprirci all’incontro con Lui, a farlo entrare nella nostra vita, non ne usciremo più come prima, non ne usciremo più come prima. Bisogna avere l’azzardo, l’ardire, il coraggio di essere pronti al cambiamento se si vuole pregare
MEDITAZIO
Vi lascio alcuni spunti per questo piccolo tempo di silenzio anche per questo mese che ci aspetterà.
La prima domanda è questa: come vivo la mia preghiera, sono capace di affidamento oppure sono come un paziente che dice al medico qual è la cura?
La seconda domanda potrebbe essere questa: sono capace di guardarmi dentro, di apprezzarmi o di mettermi in discussione senza far dire alla Parola di Dio quello che voglio io, ma quello che la Parola vuole dire?
La terza richiama un po’ la parte centrale, anche se l’abbiamo guardata alla fine, quel “ricordati di me”: sono capace di vivere l’attesa, anche l’attesa di un esaudimento, di una preghiera, di un’intercessione come un dono di Dio, come un luogo in cui anch’io posso camminare e posso cambiare?
Alcune domande semplici, però ci aiutano ad entrare un po’ di più nell’incontro, nella contemplazione di che cosa vuol dire per questi due personaggi affidarsi al Signore e quindi pregare, cioè un incontro vero con Dio che gli aiuta a crescere, che gli aiuta a camminare
ACTIO
Insieme vogliamo proporre questo gesto; la scorsa volta abbiamo fatto una actio molto attiva, scoprire e vivere le opere di misericordia, ora invece vi propongo di vivere l’attesa, cioè quei “ricordati di me” con lo spazio di silenzio che c’è tra la preghiera e la sua realizzazione, trovando in questo tempo la presenza di Dio nella nostra vita. Ecco, che questo tempo sia veramente un’occasione in cui possiamo riconoscere la presenza del Signore.