DON ALESSANDRO LUCINI

Anno 2024/25

NEL VIAGGIO LA BENEDIZIONE

La parabola di Tobia

Proposta di lectio divina per adulti – decanato di Castano.

13 febbraio 2025

Da oggi per sempre

Le nozze di Sara

(Tb 8,1-9.19-21)

1Quando ebbero finito di mangiare e di bere, decisero di andare a dormire. Accompagnarono il giovane e lo introdussero nella camera da letto. 2Tobia allora si ricordò delle parole di Raffaele: prese dal suo sacco il fegato e il cuore del pesce e li pose sulla brace dell’incenso. 3L’odore del pesce respinse il demonio, che fuggì verso le regioni dell’alto Egitto. Raffaele vi si recò all’istante e in quel luogo lo incatenò e lo mise in ceppi. 4Gli altri intanto erano usciti e avevano chiuso la porta della camera. Tobia si alzò dal letto e disse a Sara: «Sorella, àlzati! Preghiamo e domandiamo al Signore nostro che ci dia grazia e salvezza». 5Lei si alzò e si misero a pregare e a chiedere che venisse su di loro la salvezza, dicendo: «Benedetto sei tu, Dio dei nostri padri, e benedetto per tutte le generazioni è il tuo nome! Ti benedicano i cieli e tutte le creature per tutti i secoli! 6Tu hai creato Adamo e hai creato Eva sua moglie, perché gli fosse di aiuto e di sostegno. Da loro due nacque tutto il genere umano. Tu hai detto: “Non è cosa buona che l’uomo resti solo; facciamogli un aiuto simile a lui”. 7Ora non per lussuria io prendo questa mia parente, ma con animo retto. Dégnati di avere misericordia di me e di lei e di farci giungere insieme alla vecchiaia». 8E dissero insieme: «Amen, amen!». 9Poi dormirono per tutta la notte.

19Raguele ordinò alla moglie di fare pane in abbondanza; andò a prendere dalla mandria due vitelli e quattro montoni, li fece macellare e cominciarono così a preparare il banchetto. 20Poi chiamò Tobia e gli disse: «Per quattordici giorni non te ne andrai di qui, ma ti fermerai da me a mangiare e a bere e così allieterai l’anima già tanto afflitta di mia figlia. 21Di quanto possiedo prenditi la metà e torna sano e salvo da tuo padre. Quando io e mia moglie saremo morti, anche l’altra metà sarà vostra. Coraggio, figlio! Io sono tuo padre ed Edna è tua madre; noi apparteniamo a te come a questa tua sorella, da ora per sempre. Coraggio, figlio!».

LECTIO

Mi ha dato del filo da torcere la lettura di questa sera. Il titolo di questa sera parla delle nozze di Sara, anche se non sono propriamente le nozze che immaginiamo noi. Sembra tutto un po’ strano in queste nozze, perché il testo che abbiamo selezionato parla della fine delle nozze e mi sono chiesto che cosa potrebbe esserci di interessante nella lettura di questa sera, che cosa lo Spirito potrebbe suggerire per questa serata? Il testo è molto asciutto, un po’ complicato, il rischio è di perdersi e di dire che è un testo insignificante, un testo da mettere da parte. Si potrebbe parlare dei rituali di esorcismo, partendo da questo fegato, da questo cuore di pesce che emanano un olezzo che fa sparire il diavolo, che si prende i mariti, ma non vorrei che qualcuno lo prendesse alla lettera e si mettesse a fare un po’ di intrugli in casa per scacciare il demonio, oppure per far sparire il marito.

Ma non mi sembra che sia questa la direzione di questa sera, potremmo concentrarci su questi due sposi. Entrambi sono figli unici, quindi l’unica speranza di questa famiglia, un’attesa spropositata da parte dei loro genitori, sono carichi di tante attese, della loro felicità, della discendenza che devono dare ai loro genitori e sappiamo che cosa voleva dire a quel tempo, in cui vivono Tonia e Sara, non avere una discendenza. Quanto era umiliante, diventava una vita insignificante se non avevi una discendenza. E la mia attenzione si è fermata proprio sulla notte di questi due sposi. Io non sono proprio un esperto delle prime notti di nozze, ma penso che per lo meno questa sia un po’ particolare, soprattutto da parte dell’uomo, c’è un attesa, un desiderio, e Tobia da un senso completamente nuovo a questa serata, un nuovo inizio. Sembra che questo uomo, insieme a Sara, sua sposa, la inviti a cogliere un intimità più profonda. Questi due nostri personaggi, pur non vivendo l’intimità matrimoniale, vivono però un’ intimità assai più profonda.

Con voi vorrei un po’ guardare questa sera che cosa vuol dire intimità perché, prima che qualcuno esca scandalizzato, se ne può parlare anche nella lectio dell’intimità. Ciò che lega questi due sposi, a differenza dei personaggi di contorno, Raguele, ad esempio, fa scavare, ed è stato debitamente tagliato questo pezzo, ma nel mezzo, per chi legge tutto il testo, fa scavare una fossa per Tobia, non si sa mai, sono morti tutti prima. Sara e Tobia invece sono ricchi di fiducia, di fiducia nella grandezza di Dio, nella promessa di Dio. Loro vivono una profonda intimità con Dio, una profonda intimità tra loro e una fiducia nelle promesse di Dio.

Una delle cose che hanno da insegnarci questi due personaggi e questo brano è proprio la fiducia in Dio che attraversa e accompagna tutto il loro viaggio, il viaggio di andata di Tobia e di ritorno insieme; ecco in tutto questo viaggio, le nozze, questi personaggi vengono accompagnati dalla fiducia.

Ma oltre a questo ci insegnano anche qualcosa sull’intimità, intimità che ogni uomo e ogni donna desidera e secondo almeno tre tipologie di intimità: con se stesso, con i fratelli e con Dio.

Tre elementi distintivi e imprescindibili dell’uomo e della donna. E guardate l’intimità oggi spesso e confusa con la sessualità, ma questi nostri due personaggi ci ricordano che questo non coincide, anzi spesso divergono. E se non altro è curioso, quasi paradossale, che ad insegnarci che cosa sia l’intimità, sia una coppia di sposini alla prima notte di nozze.

Cominciamo dalla preghiera, la preghiera che questi due sposi decidono di vivere in questa serata così importante della loro vita, iniziano dal desidero più importante dell’uomo che è l’intimità con Dio.

La scrittura è piena di riferimenti di personaggi biblici, che hanno relazioni personali, profonde, immediate, cioè senza mediazione con Dio. Ci parlano direttamente: Abramo, Mosè, tutti i profeti, anche Davide, personaggi che hanno messo la loro vita e la loro intimità nelle mani di Dio, le loro speranze, le loro attese, i loro desideri, le loro frustrazioni. È proprio innervata nel popolo ebraico questa vicinanza con Dio, così scrive il Cardinal Martini: “La fede occidentale si lascia tirare dalla tradizione della deduzione astratta, dai grandi titoli divini, per voi Dio è qualcosa di molto alto, di molto solenne, degno di adorazione, di obbedienza, ma non riuscite a concepire così strettamente questo coinvolgimento quotidiano con voi”, e parla della figura di Pietro e dice che la fede di Pietro è una fede ebraica. Questa è la fede, la fede nella quale si è inserito Gesù. E questa fede è così mirabile perché Dio veniva in mezzo a noi, a coinvolgersi con le nostre cose, con la nostra storia, con i nostri problemi, non è così anche per Tobia che viene accompagnato all’Angelo? Pietro continua [Martini]: “formato da questa fede ebraica parte da una percezione di uno strettissimo interesse di Dio per l’uomo, con l’uomo e a sua favore”. È così la fede ebraica, c’è un unione profonda tra la creatura e il creatore. Spesso noi nella nostra vita continuiamo a pensare a un Dio supremo, perfetto, perfettissimo, lontano però dalla nostra vita, dal nostro modo di vivere, dal nostro modo di fare e dal nostro modo di pensare. Invece abbiamo la testimonianza di un Dio, Gesù, che si è incarnato, cioè è diventato carne. Paolo lo definisce così: “Uomo che ben conosce il patire”. E noi invece continuiamo a separare le cose come se Dio fosse a sé stante, mentre Gesù nella sua missione ci ha portato un Dio estremamente vicino. Rimaniamo spesso chiusi nella legge, nel cavillo, mentre Gesù ci presenta un Dio che è relazione, un Dio che è prossimità, o meglio, un Dio che è intimità.

A me piace spesso dire così quando mi chiedono di parlare della preghiera, esistono le preghiere: il Padre Nostro, l’Ave Maria, la coroncina della Divina Misericordia, la Madonna che scioglie i nodi, mettetele dentro tutte, poi esiste invece la preghiera. La preghiera è l’intimità profonda con Dio in cui tu sei cuore a cuore con il Signore, in cui non ti nascondi, in cui sei quello che sei di fronte a Dio, in cui ti metti di fronte a Lui con tutto te stesso, senza sentirti giudicato, senza sentirti perduto.

Capite bene che c’è una differenza profonda tra recitare delle preghiere e vivere la preghiera. Questo vivere la preghiera è proprio quell’intimità profonda di cui l’uomo ha bisogno e ne ha talmente bisogno che i salmi lo esprimono così: “Come la terra che chiama acqua dopo la siccità, così ti desidera l’anima mia”. Se non soddisfiamo questo desiderio profondo dell’intimità con Dio, cercheremo inevitabilmente dei surrogati, che però non danno la stessa soddisfazione. Quando noi invece abbiamo un’intimità profonda con Dio, una confidenza con Dio, quando siamo anche pronti ad accogliere questo, allora siamo pronti ad accogliere anche la confidenza e l’intimità con le altre persone, a vivere l’intimità con noi stessi, che vuol dire essere capaci di compatire, cioè di capire quello che vive l’altro. Questo genera intimità.

Poi c’è l’intimità con sé stessi, un’intimità che, badate bene non è un percorso psicologico, buona cosa la parte di conoscenza di sé, di accettazione di sé, di quello che si è con i propri difetti, ma è un’intimità più spirituale quella che noi andiamo cercando. È quando si capisce che non si basta più a sé stessi, non basto a me stesso nelle relazioni con gli altri, nella relazione con Dio, ne ho bisogno, vivere bene la propria intimità con la propria spiritualità, vuol dire trovare quel giusto equilibrio che ti permette di avere stima di te, ma nello stesso tempo di sapere che non ti basti da solo. Molte volte nella storia, anche nella storia della nostra Chiesa, si è pendolato un po’ da una parte all’altra, da un’eccessiva umiliazione di sé stessi: non valgo nulla, l’uomo e soma, quasi che non servisse a niente l’uomo così com’è, come se l’uomo fosse da cancellare; oppure altri tempi in cui si è messo al centro solo l’uomo, tutto ruota intorno a me. Ma il giusto equilibrio di questi due componenti genera intimità con noi stessi, ed è l’unico che può generare un’ intimità vera con se stessi, quando siamo capaci di essere contenti di noi, di quello che siamo, quando sappiamo riconoscere i doni che il Signore ci ha fatto, nonostante i nostri limiti, anzi, siamo capaci di accettarli perché siamo capaci di consegnarli di fronte al Signore. Ecco il giusto equilibrio, sta proprio in questo, nel trovare un equilibrio tra la stima di sé e l’orgoglio di sé. In mezzo c’è l’uomo spirituale che vive l’intimità profonda con il suo Dio vicino, sa chi è se stesso e sa chi è Dio e non è autocentrato, oppure sotterrato dalla sua disistima, che entrambi sono due peccati difficili da eliminare.

Poi c’è l’ultima che è l’intimità con i fratelli. Questa ahimè è forse la più difficile perché mette in campo tutta una serie di relazioni con altre persone, che parte però dai due precedenti, dall’intimità con Dio e dall’intimità con se stessi. Difficilmente riuscirò a entrare in relazione profonda con qualcun altro se non ho questi due presupposti. Se non ho stima di me stesso è difficile che riesca a costruire una relazione con qualcun altro, mi appoggerò semplicemente a lui e basta. Stessa cosa se ho un ego enorme, difficilmente accoglierò l’altro, sarà solamente una proiezione di me stesso, non qualcuno da accogliere con le sue ricchezze e con le sue fragilità.

Se provate a leggere con attenzione la vita di Gesù, prendendo il Vangelo, immaginandovi di percorre insieme a Gesù questa strada, vi accorgerete che ha costruito molte relazioni di intimità con persone, le più variegate Tanto per cominciare con i suoi discepoli, che non diventano discepoli per un’idea, non si diventa discepoli perché si segue un’idea, si diventa discepoli di Gesù perché si è innamorati di Gesù, perché si entra in relazione con Lui; si è innamorati del suo modo di accogliere, del suo modo di vivere, del suo modo di relazionarsi. E poi ci sono tutte quelle altre persone che ruotavano intorno a Gesù, uomini, donne che si sentono accolti, capiti, valorizzati da questo maestro, un’intimità profonda fatta di ascolto, di consolazione e di conversione. Mi colpisce molto la frase su Gesù che dice di Lui ‘è un uomo che parlava con autorità’, cioè non come gli scribi. Mi colpisce molto perché secondo me, dentro queste parole c’è un interesse, un atteggiamento e traspare profondamente l’intimità profonda di Dio che ama le sue creature.

Se torniamo alla nostra coppia che decide di vivere questa serata nella preghiera, possiamo portare a casa anche un altro atteggiamento per la nostra vita. Sapete qual è la cartina tornasole per vedere se due persone vivono veramente l’intimità? È vedere se sono capaci di pregare insieme, provate e vedrete. Perché la preghiera, soprattutto quella di coppia, quella anche familiare, richiede di aprire una parte di sé, una parte di sé che difficilmente si condivide con qualcun altro, richiede di essere disposti a condividere anche le cose più profonde, le ferite più profonde, le gioie più profonde, richiede di aprire una parte di sé che si fa già fatica a condividere con Dio. Di solito si prova imbarazzo, si prova fatica. Questi due novelli sposi hanno una profonda intimità perché, attraverso la preghiera, riescono a parlare tra di loro e rispetto a Dio, delle cose che stanno vivendo, a superare anche l’umiliazione, le umiliazioni più grandi, ‘sono morti tutti i mariti prima di te’, cosa doveva essere condividere questa cosa con un’altra persona.

Si può parlare di molte cose, anche nella coppia, anche in famiglia, fare tante cose insieme, ma non avere intimità. L’intimità profonda è come una comunione di intenti, anche nell’amicizia è così, si raggiunge proprio nella preghiera perché è lì che mettiamo a nudo la nostra anima, è lì che siamo veramente vulnerabili, se siamo pronti a consegnare all’altro, all’altra questa parte profonda e fragile di noi stessi, è lì che generiamo intimità.

Qui si chiude il cerchio, è proprio dall’intimità con Dio, dalla capacità di mettersi di fronte al Signore per quello che si è, e condividerlo con gli altri, magari un passo alla volta, è lì che possiamo veramente scoprire, riscoprire l’intimità con Dio, con noi stessi e con i nostri fratelli.

MEDITAZIO

Ecco, vi lascio tre semplici domande per questo tempo di silenzio.

La prima, ho mai provato nella mia vita a vivere la preghiera come intimità con Dio, una preghiera profonda, una preghiera di abbandono, di condivisione di amore?

La seconda, sono capace di vivere nella libertà, l’intimità con me stesso e con gli altri?

L’ultima, ho mai pensato che anche nella mia famiglia c’è bisogno di intimità come tra Sara e Tobia, per una condivisione profonda di quello che vivo?

Abbiamo un tempo di silenzio, forse questa sera non siamo rimasti troppo aderenti al testo, però mi sembra che il Signore in un percorso di lectio, in un percorso di incontro, chiami un po’ anche a vivere questo momento e questa esperienza di intimità con noi.

ACTIO

In questo tempo che ci separa, ci troveremo dopo la Quaresima, provare a vivere l’intimità con Dio, almeno provare a vivere un tempo in cui possiamo sperimentare, facendoci magari aiutare, a vivere l’intimità con il Signore.