Don Alessandro Lucini – Dott.ssa Barbara Bosetti

AVVENTO 2024
ARTE E FEDE
4 personaggi per 4 opere d’arte.

17 dicembre 2024

LA FIGURA DEI PASTORI

Guido Reni,
(1575-1642, Bologna)
Adorazione dei pastori,
1642 circa, olio su tela, 485×350 cm, Napoli,
Certosa di San Martino, Napoli

Vangelo secondo Luca 2, 8-20

8C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. 9Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, 10ma l’angelo disse loro: “Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. 12Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”. 13E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva:

14“Gloria a Dio nel più alto dei cieli

e pace in terra agli uomini che egli ama”.

15Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: “Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. 16Andarono dunque senz’indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. 17E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 18Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. 19Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.

20I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.

LECTIO

Io partirei proprio dal titolo di questo quadro per addentraci un po’ nel brano di Vangelo, un brano che è molto conosciuto, un brano che si racconta anche ai bambini e lascia molto spazio anche all’immaginazione. Il titolo di questo quadro è Adorazione dei pastori.

Questa sera mi piacerebbe un po’ fermarmi con voi, su cosa voglia dire adorare, quali sono le condizioni perché si possa adorare e si possa adorare il Signore. Adorare forse è un termine che si lascia prendere da un po’ di fraintendimenti. Perché adorare noi lo racchiudiamo sempre in qualcosa che ha anche un po’ una sorta di accezione negativa, adorare viene legato ad un idolo. Invece noi stiamo parlando dell’adorazione non di un idolo, ma del Figlio di Dio. Se volete, un po’ per renderla attuale, potrebbe essere anche l’Adorazione Eucaristica, la presenza reale di Dio.

Anche se non si riesce a riconoscere in questo Volto la presenza reale di Dio e noi potemmo dire che loro vedevano un bambino, però da lì, vedere un bambino come tutti gli altri, anche un po’ meno degli altri, perché non è neanche nato in casa, è nato come un profugo, è nato nascosto, è nato da una famiglia con qualche voce alle spalle, quindi c’è tutto un passaggio che questi pastori fanno per riconoscere il Figlio di Dio.

È un passaggio che facciamo anche noi quando facciamo un’adorazione Eucaristica. C’è un passaggio che è il passaggio della fede. Questo passaggio richiede alcune libertà. Richiede alcune scelte. Perché senza questa libertà è queste scelte, difficilmente arriveremo ad adorare il Signore. Faremo altre cose, altri tipi di di preghiere, altri tipi di devozioni.

Adorare il Signore chiede innanzitutto di essere disposti. Questi pastori sono disposti, e non ha caso vengono scelti dei pastori, non dei regnanti, ma delle persone normali, anzi vien da dire delle persone che sono la parte più basa della società, ma è per aprire questa possibilità a tutto il popolo, e anche perché hanno delle caratteristiche fondamentali i pastori, sono capaci di essere un po’ come i bambini.

Andando un po’ con ordine, sperando di non dilungarmi troppo, ecco, cerchiamo di capire che cosa non è innanzitutto adorare.

Adorare non è una schiavitù. Sembrerebbe quasi banale, ma è una disposizione del cuore molto frequente. Quella di mettersi come degli schiavi di fronte al Signore. Ho in mente proprio delle persone, soprattutto delle persone che hanno convertito la loro vita con qualche anno in più, che hanno avuto una vita, diciamo così, un po’ dissoluta, era quasi evidente che questi uomini o donne che siano, passavano, danno una schiavitù a un’altra schiavitù, perdendosi, la cosa più importante e che Dio ci dona, che è la libertà. E quindi da essere schiavi di alcune cose, essere schiavi di: “se non faccio questa cosa qua, allora vado all’inferno, allora se non faccio questa cosa qui, allora chissà che cosa succede” e via via, potremmo portare migliaia di esempi.

I pastori sono persone libere. Sono libere, si presentano all’inizio con paura, se andate a rileggere il brano, ascolterete che loro hanno un po’ paura di quello che vedono, ma questa paura poi si trasforma invece in una disponibilità, in una disponibilità che gli sprona ad andare, ad andare incontro all’ignoto, perché di per sé non hanno niente che gli certifica che lì c’è qualcosa di straordinario, se non questa visione e questo incontro di angeli.

La prima cosa, se vogliamo veramente incontrare e adorare il Signore è quella di non essere schiavi, di non essere schiavi del Signore, ma di aprirci all’incontro con Lui.

L’adorazione non è neanche un’infatuazione, perché l’infatuazione oggi c’è domani non c’è più. Non è neanche una cosa in cui uno vede gli angeli salire e scendere come sulla Scala di Giacobbe, probabilmente quello è dato ai mistici, però se fosse così, solo i mistici potrebbero incontrare veramente il Signore, a noi non sarebbe data questa possibilità di incontrare e di riconoscere il Volto di Dio. Questo è un annuncio che viene fatto a tutto il mondo, è un annuncio che viene fatto a tutti, perché tutti lo possano, ed abbiano la possibilità di riconoscerlo.

Non è neanche l’adorazione un riflesso di me stesso, e quindi quando io mi trovo in adorazione, pensiamo appunto all’adorazione Eucaristica, però può essere anche l’adorazione della Croce, in cui io dico al Signore, quello che Lui deve fare, quello che Lui deve dire, sono io che dico le cose al Signore, sono io che gli racconto tutto quello che ho fatto, sono io che mi do la soluzione, eccetera, eccetera.

Non è così, richiede uno spirito che venga un po’ riempito, questi pastori non hanno nulla, e quando tu ti presenti a casa di qualcuno e non hai nulla, puoi solo essere riempito, non puoi darti il privilegio di dire: “Ma io ti ho portato questa cosa”, se sei lì che non hai nulla, il tuo cuore sviluppa un’altra strada strada. Quando noi viviamo la preghiera, soprattutto la preghiera di adorazione, abbiamo bisogno di svuotarci un po’ di noi stessi, perché il rischio è quello di portare se stessi di fronte al Signore, di portare quello che si è, ma senza aprire il proprio cuore a farsi riempire dal Signore, e un altro aspetto di questo, sono appunto le parole.

Nella preghiera ignaziana, che è una preghiera di contemplazione, si chiede di non scrivere quando si prega, ma di scrivere dopo aver fatto la preghiera, perché quando tu scrivi mentre fai la preghiera, il rischio alto è che tu te la suoni e te la canti, oppure tu scrivi, ma non ascolti. Invece noi siamo chiamati innanzitutto, perché il primo comandamento che Dio da è Shemà Israel, ascolta Israele, cioè noi siamo chiamati ad ascoltare. Ascoltare richiede di fare spazio, richiede di fare silenzio, è più facile parlare, anche se uno non ha una buona dialettica, è più facile parlare, è facile sovrastare, difficile è ascoltare, ed è anche molto faticoso, perché ascoltare vuol dire fare entrare l’altro dentro di me. L’adorazione è fare entrare Dio dentro di me, non io catturare qualcosa di Dio.

Si capisce la differenza? La differenza è sostanziale, la differenza è molto importante, perché noi siamo sempre proiettati, soprattutto in questo periodo storico, in altri periodi storici no, però in questo periodo storico noi siamo proiettati a dare, a incontrare, a dire, a fare, chi non dice, chi non fa, è improduttivo, e per uno che è improduttivo il passo successivo della nostra società è: sei inutile. Sei inutile se tu non ci sei, come diceva un mio amico che fa l’informatico: “se tu non sei su internet, come ditta, non esisti”

L’incontro con Dio invece richiede un passaggio diverso, completamente diverso, richiede del tempo, richiede una disponibilità, richiede di fare spazio, e allora vediamo un po’ che cos’è invece l’adorazione, cioè cosa vuol dire adorare il Signore?

Noi, nell’immagine che vedremo questa sera, vediamo queste persone un po’ in estasi, oppure vediamo questo bambino e diciamo “Oh che bel Bambino”, un po’ riduttivo, no?

Ci deve essere un passaggio in più, che è il passaggio della fede. Per arrivare a questo passaggio, la prima caratteristica che bisogna avere è quella di disporsi allo Spirito, disporsi allo Spirito Santo, e qui l’immagine che mi qualifica di più il rendersi disponibile allo Spirito Santo, è l’immagine che usa Gesù: “Se non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli”. I bambini sono capaci di stupore, i bambini sono curiosi, perché che non hanno nulla, non hanno ancora costruito il loro bagaglio culturale, il loro bagaglio di lessico, il loro bagaglio emotivo, lo stanno costruendo, e quindi sono come una spugna. La prima caratteristica è questa, rendersi volutamente come delle spugne, come dei bambini, perché Gesù non ci dice di rimanere bambini, ma di tornare bambini, vuol dire che avendo fatto il nostro percorso, ricco di gioie, di ferite, etc., etc., il Signore ci chiede di affidarsi a Dio, come dei bambini, e beato chi non si scandalizza di questo. Ci si mette di fronte a Lui un po’ così, un po’ senza difese, un po’ senza preconcetti, pronti a ricevere.

Quando uno prega per un po’ lo sa che questa è la parte più difficile della preghiera. La parte più difficile della preghiera è la preparazione. La parte più difficile è lasciar fuori quello che ti entra dentro la testa, le cose da fare, i pensieri, e la parte più complicata, soprattutto all’inizio, è quella di svuotarsi, di svuotarsi per lasciar spazio allo Spirito.

Questo penso sia il primo atteggiamento importante se vogliamo raggiungere l’incontro con Dio, se vogliamo provare ad adorare, adorare vuol dire scoprire un po’ del Volto di Dio, vuol dire fare entrare dentro di noi un po’ del Regno di Dio.

Un’altra caratteristica è quella del silenzio. Il silenzio è la caratteristica fisica, se volete, però non è solamente il tacere, ma è quel lasciar fuori, mandare fuori da te, tutte le cose che ti distraggono e non ti permettono di incontrare il Signore.

Un’altra caratteristica che mi dice che cos’è l’adorazione probabilmente è anche la verità. La verità nei confronti di se stessi, e innanzitutto nei confronti di Dio. Se uno mette dei paraventi di fronte al Signore, non si fa vedere da Dio, ma non riesce neanche a vederlo. Pensate un po’ a Erode. A Erode non è concesso di incontrare il Signore, di incontrare questo Bambino.

L’ultima caratteristica che ci dice un po’ profondamente che cosa si prova quando si adora Dio, penso che sia quella del gustare e del godere della compagnia di Dio. Gustare e godere della compagnia di Dio riempie più di tante cose. Paradossalmente non c’entra neanche se uno vive la sofferenza, l’aridità, ma è proprio la grazia di poter contemplare il Volto di Dio. Un esempio può essere Madre Teresa di Calcutta che ha vissuto l’aridità per più di 25 anni, eppure, era capace di riuscire a gustare il volto di Dio. Forse a noi, spero, non ci sarà chiesto di vivere per così tanto l’aridità del Signore, però, se noi andiamo a livello dell’adorazione di Dio, cioè di riconoscere la sua presenza, ecco possiamo arrivare a gustare profondamente anche quella pace interiore che ogni uomo e ogni donna bramano nella propria vita. Magari per qualche istante, magari per qualche tempo, però una volta che uno ha adorato, è riuscito a riconoscere la presenza di Dio nella vita, ecco poi questa nostalgia c’è, questo desiderio profondo c’è, anche se poi magari la vita ti porta a non gustarne più pienamente come avevi fatto. Io ho in mente una giovane che uscendo da un’esperienza, ricordava questo momento come un momento che le ha cambiato la vita e da quel momento lì, poi tu vuoi tornare a quel momento lì, perché la pace, quello che hai provato è indescrivibile, non si riesce a descrivere però è un momento che ti riempie la vita.

Adorare, secondo me, è un po’ quello che hanno sperimentato questi pastori, perché è quello che sperimentano poi i discepoli quando incontrano la Parola di Dio, quando lo riconoscono nella Resurrezione. Questa pace, questo desiderio, questo gusto, ti spingono poi a spenderti, a donarti per il Signore.

Penso che una delle caratteristiche fondamentali sia proprio questa qua. Uno dei modi che noi abbiamo per poter anche noi adorare il Signore e quello di lasciarci avvolgere un po’ dalla sua presenza, chiederlo come grazia attraverso lo Spirito Santo, ma anche prepararci.

Quando noi cerchiamo di volerlo a tutti i costi, quasi come se fosse qualcosa che ci è dovuto, probabilmente ci allontaniamo. Quando invece ci disponiamo a lasciarci riempire dalla compagnia di Dio, forse è il momento in cui il Signore si rende più presente nella nostra vita.

Capisco che è un po’ complicato da capire perché è anche una cosa molto esperienziale e poi come vedremo anche nel quadro ognuno ha i propri tempi.

I tempi di Dio sono i tempi di Dio, non sono i tempi dell’uomo, ma anche i tempi degli uomini non sono gli stessi. Nessuno può dire che uno è avanti è l’altro è indietro, questo non ha senso nel cammino spirituale. Uno può dire che ho fatto qualche passo in più, ho fatto qualche esperienza in più, ma nessuno di noi può dire che uno è più avanti, più addentro nei misteri di Dio, questo spetta solo a Dio.

Io ho in mente sempre la frase del Cardinal Martini che ci consegnò una volta in Terra Santa e con molta sapienza disse: “Nessuno di noi può sapere come morirà, neanche io” disse “io non so se morirò lodando Dio o bestemmiando Dio, non lo so”. È interessante questa cosa, molto interessante, nessuno di noi può dire quello che sarà del suo futuro, quello che sarà dell’incontro con il Signore, possiamo solamente renderci disponibili all’incontro con il Signore e farci trovare quando il Signore si vuole far sentire.

Preparandoci un po’ al Natale varrebbe la pena di spendere del tempo, magari del tempo di silenzio, magari anche di fronte al Bambino, anche se rimane una statua di legno, di gesso o quel che sia, noi dovremmo andare ad un significato più profondo, un significato più importante.

Quella è un’immagine che ci aiuta a contemplare un mistero della vita di Gesù, e un po’ come tutte le immagini e i quadri, sono utili tanto quanto, queste immagini, questi quadri o questi luoghi figurati, ci aiutano ad arrivare a capire una parte del mistero di Gesù.

Charles de Foucauld ha trascorso, non vorrei dire un numero a caso, mi pare 10, 20 anni, a Nazareth in contemplazione proprio del mistero della nascita di Gesù, quindi è una contemplazione che non finisce mai. In questa adorazione ci prepariamo un po’ al Signore che sta per nascere.

PRESENTAZIONE QUADRO

Questa sera vediamo quest’opera che è un’opera tarda di Guido Reni, dipinta proprio in prossimità della sua morte, è morto nel ‘42, l’attribuzione è tra il ‘42 e il ‘41, è una delle sue ultime opere.

Vediamo rappresentata l’adorazione di cui abbiamo sentito e abbiamo letto nel Vangelo. In questa opera, come un po’ nelle altre, il filo conduttore nella scelta, salvo un po’ la prima, è che anche qui vediamo la questione della commistione fra trascendente e quotidiano e anche quest’opera la possiamo vedere abbastanza chiaramente con una divisione netta che c’è tra il registro superiore, dove vediamo le schiere angeliche e il registro inferiore, in cui invece vediamo l’adorazione dei pastori.

Quindi c’è sempre questa idea che ci ha accompagnato, che è la venuta di Dio sulla Terra attraverso l’incarnazione di Gesù che ha molto del miracoloso, ma si incarna nella nostra quotidianità. In questo dipinto, però, forse rispetto agli altri prevale un po’ più l’aspetto del miracoloso, anche nel registro inferiore, poi ci torneremo meglio, c’è comunque un’atmosfera che lascia molto intendere questa dimensione del miracolo.

Partiamo con l’esaminare la parte superiore, in cui vediamo questi angeli che, come abbiamo letto anche nel Vangelo, erano apparsi ai pastori, per cui Guido Reni è come se volesse, collocandoli un po’ così nel cielo, sottolineare un’atmosfera di festa che anche nel cielo si respira per la venuta di questo Bambino. Infatti questi angeli sono disposti quasi come a creare una sorta di danza e rendono proprio l’idea dell’armonia anche un po’ celeste. Reni è un pittore che ricerca l’armonia un po’ in tutte le sue composizioni, qui si vede proprio se seguiamo anche le linee di costruzione, da questo cartiglio, che in origine doveva avere su scritto Gloria in Excelsis Deo, tracciamo una sorta di ellisse che prosegue sul dorso degli angeli, si conclude qui sul ginocchio e si ricongiunge con il piede del putto. Le stesse braccia, le linee di costruzione della figura dei putti, degli angeli, seguono delle linee sempre curve che si incrociano tra di loro, è proprio l’idea dell’armonia, è una sorta di festa, di danza che sta avvenendo in cielo anche se poi, e lo vediamo in questo putto che tiene tra le mani questi fiori che sta spargendo in segno proprio di glorificazione di questo momento, però poi notiamo che anche gli altri angeli hanno in mano degli oggetti sacri, in particolare proprio liturgici e questo ha tra le mani un ramo di ulivo, quindi sicuramente c’è un diretto collegamento tra questa venuta di Gesù Bambino che però poi anche avendo sempre presente il motivo di questa venuta, quindi la salvezza che Gesù Bambino incarnandosi poi porta ed è una salvezza che passa però attraverso la Passione e l’istituzione poi dell’Eucarestia.




Di fatto prevale questa atmosfera gioiosa ed è effettivamente quella che poi si rivede anche nell’adorazione dei pastori, quindi sicuramente è un evento straordinario che richiama i pastori, lo abbiamo letto nel passo del Vangelo, li richiama e qui vediamo i pastori che accorrono, quelli che subito ascoltano l’annuncio degli angeli e accorrono a vedere, a visitare questo bambino. Però è anche vero che se notiamo attraverso il particolare lo vediamo, ci sono poi altre figure che qui sullo sfondo si stanno incamminando e questo è molto significativo del fatto che c’è chi arriva subito, quindi Gesù Bambino arriva e ci chiama, quindi Dio ci chiama, ma ognuno poi, come ci ha ricordato anche don Alessandro, arriva un po’ con i suoi tempi a questa chiamata, quindi c’è chi arriva un po’ più da lontano e deve fare un percorso che lo porterà sempre alla capanna, ma appunto con i suoi tempi e c’è magari anche chi di fronte, molto più vicino alla straordinarietà dell’evento, si sta occupando di altro, quindi è come se non lo volesse vedere, come se questa chiamata in qualche modo non lo riguardasse, non la volesse accettare, non la volesse sentire, però la cosa a mio avviso straordinaria, è che la luce, che invade tutti e tre questi gruppi, arriva su tutti, quindi c’è la luce che dal Bambino arriva sui pastori, ma c’è la luce anche che illumina questo tragitto ed è proprio straordinario perché è abbastanza inconsueto che in un’opera d’arte ci siano due fonti di luce, qui c’è quella centrale del Bambino, ma lo sfondo qui è illuminato proprio per tracciare la via e c’è la luce che colpisce anche questi personaggi intenti a occuparsi di altro ed è proprio simbolicamente l’idea che noi possiamo arrivare con i nostri tempi, possiamo non ascoltare, possiamo magari invece correre di fronte alla chiamata di Dio, ma la luce invade tutti, sta poi a ciascuno, accoglierla, fare il percorso che è più adeguato a se, accoglierla o non accoglierla. Le fonti di luce qui lo mettono bene in evidenza.




Passando poi al registro inferiore, vediamo da questo particolare, che si vede molto bene, abbiamo poi una luce davvero centrale, che è quella proprio del bambino che illumina la scena principale che è quella dell’adorazione e in questa adorazione vediamo proprio i pastori che sono come protesi sulla culla, come se quasi, in un certo senso, questo Bambino, illuminandoli li attirasse a sè, vedete che sono proprio proiettati sulla culla è questa luce che di fatto va a illuminare tutti i personaggi. Li vediamo un po’ quasi uno a uno partendo da Maria.

Maria è china sulla culla con un atteggiamento però, che vedete, è diverso da tutti gli altri, Maria qui sicuramente è un personaggio che spicca. Spicca per l’atteggiamento, molto più composto se ci fate caso, ha le mani giunte quindi l’idea proprio della preghiera e forse è un po’ l’immagine che rende anche quello che abbiamo sentito nel Vangelo, di Maria che serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore, quindi c’è questo atteggiamento più meditativo di Maria ed è del resto anche, insieme a Gesù, l’unica figura, tra queste, divina, concepita senza peccato quindi con un seme di divinità sicuramente diversa, rispetto a quello di tutte le altre, e le sesse note cromatiche qui lo mettono in evidenza, perché ha il mantello azzurro che è proprio tipico mariano, a indicare proprio la grazia celeste e l’abito rosso, che abbiamo già visto anche nell’Annunciazione, che richiama in qualche modo la Passione di Cristo. L’atteggiamento di Maria è senz’altro di colei che ha già detto sì, che sa, che ha una visione probabilmente diversa, da quella di tutti gli altri.

Poi abbiamo Giuseppe, altro personaggio di cui abbiamo già parlato e anche qui lo vediamo un po’ con le caratteristiche di cui abbiamo parlato anche la volta scorsa, dipinto come un personaggio anziano, ma con questo atteggiamento un po’ remissivo, vedete ha le braccia conserte, incrociate sul petto, ha lo sguardo, anche lui, un po’ rivolto a questa intera comunità, come se fosse padre di Dio e padre anche di tutti questi pastori, ha una posizione leggermente soprelevata, rispetto anche agli altri, e un po’ curva anche su Maria, in questa sua funzione proprio di protettore della sacra famiglia. E poi c’è questa cosa curiosa per cui tiene in mano un bastone, come esattamente i pastori, quindi a richiamare senz’altro l’idea della guida, i pastori sono coloro che guidano il gregge e Giuseppe è senz’altro guida di questa famiglia, l’abbiamo visto già anche la volta scorsa. Però è anche l’attributo, questo bastone, che vediamo in tutte le figure maschili di questo dipinto, nei pastori, quindi a sottolineare proprio anche la piena umanità di Giuseppe, che nel suo essere umano, ha detto a sua volta un sì straordinario, non tanto quanto quello di Maria, però un sì che è stato poi fondamentale nella storia dell’incarnazione.

Arriviamo ai protagonisti di questa sera, che sono tutti questi pastori, in cui bisogna un po’ notare subito che abbiamo dei bambini, abbiamo delle donne, abbiamo dei giovani, abbiamo anche dei pastori un po’ più anziani, quindi a rappresentare l’idea che tutta l’umanità, sia rappresentata in questa adorazione, e ognuno con il suo modo di adorare, ognuno si pone davanti a questo Bambino, attirato da questo Bambino, ma a suo modo, c’è chi ha un atteggiamento di preghiera, chi un atteggiamento forse un po’ più di penitenza, chi adorante, e poi ci sono delle figure, a mio parere straordinarie, questo personaggio, mi sembra eccezionale, nel realismo, con cui si mette questa mano sulla testa, quasi a dire, ma davvero che cosa sto vivendo, sono davvero davanti a un miracolo, sono davvero davanti a qualcosa di straordinario. O questo signore anziano che ha queste espressione, non so quanto si veda bene, ma proprio come di serenità raggiunta, di aver visto finalmente compiuto qualche cosa che chissà, magari attendeva da tempo. Chi si scorge a voler quasi non voler perdere niente di questo momento, chi dà un tributo attraverso la musica a questo Bambino, quindi davvero ognuno un po’ a suo modo. Poi c’è questo personaggio che è quello un po’ più particolare, perché vedete, è inginocchiato, quindi sicuramente, anche qui con l’idea dell’adorazione, ma sta toccando questa stoffa e se associamo questa immagine a quella immediatamente sotto, a livello verticale sono messi uno sopra l’altra, vediamo che qui c’è un agnello, lo vediamo anche qui, ma questo è particolare, perché non so se si vede bene, ma qui ha le zampe legate, quindi è l’agnello sacrificale, e questa stoffa, di cui abbiamo parlato, richiamerebbe probabilmente un sudario, visto che i due elementi sono messi vicino, di nuovo ci suggeriscono l’arrivo di Cristo nell’umanità con l’obiettivo della nostra salvezza, che però passa anche attraverso il suo sacrificio.

E arriviamo alla fine per concludere con un’altra vera protagonista di questo dipinto che è la luce, luce che abbiamo detto emana in maniera innaturale, quindi è una luce artificiale, quella che si vede qui, è come se emanasse da questo Bambino, e si irradia su tutti, vedete che è la luce che emana da Gesù che illumina i volti di questi pastori, quindi senz’altro vedete la grazia che raggiunge tutti, è l’immagine più immediata, anche quella un po’ più scontata, però c’è un discorso che riguarda un po’ la luce proprio nella pittura, ed è l’elemento che i pittori usano per delineare i contorni per far emergere i particolari, se noi immaginassimo questa scena un po’ più buia, probabilmente questi volti, che hanno tutte queste caratteristiche così particolari, non li vedremmo nello stesso modo, non sarebbero così definiti, e qui simbolicamente mi piaceva collegare un po’ questo aspetto così strettamente tecnico della pittura, all’idea però che davvero l’arrivo di Gesù è quello che ci tira fuori dalla nostra oscurità, sicuramente, dove poi per oscurità uno può mettere un po’ quello che vuole, ma è anche quello che delinea i nostri contorni, che ci rende quello che siamo, ognuno con le sue caratteristiche, ognuno con i suoi tempi, ognuno col suo modo di adorare, di mettersi davanti a Gesù, però, e con questo davvero concludo perché mi sembra un po’ l’augurio, visto che siamo verso Natale, con l’idea che una volta che siamo stati lì davanti, ognuno diventa se stesso lì davanti, si definisce, ritrova i propri caratteri, poi cosa fa? Quando torniamo a casa, dovremmo, speriamo, riuscire a fare quello che fanno i pastori, torniamo e non siamo più gli stessi, torniamo e glorifichiamo e lodiamo Dio, come abbiamo sentito alla fine del brano.

Questo è l’augurio, che riusciamo a fare questo in questo Natale guardando il Bambino come ci ha suggerito don Alessandro.

Buon Natale.