Riflessione del Cardinal Dionigi Tettamanzi, una lettera ai genitori che chiedono il Battesimo per il loro bambino
(Tettamazi D., Il dono più grande”, Rizzoli, 2010)
Carissimi,
entro in punta di piedi in questo tempo speciale della vostra esistenza. La nascita di un figlio cambia radicalmente la vita: non solo nei ritmi e nelle abitudini, ma anche nelle relazioni dentro la coppia, in quelle con le famiglie di origine e con gli amici. Quante cose cambiano! Anche il modo di guardare al lavoro e alla società è decisamente diverso. È un po’ come se adesso guardaste non solo con i vostri occhi le attese che vi hanno sempre accompagnato, ma anche con gli occhi di quel figlio che è appena nato e per il quale chiedete il Battesimo. Penso, allora, ai giorni della vostra attesa. Sono stati giorni trepidi, di emozioni intense e di sottili inquietudini, non sempre decifrabili; giorni di meraviglia, di segreto e di singolare premura per la vita che ospitate.
Aspettiamo un bambino
«Aspettiamo un bambino» è un’affermazione piena di mistero, di commozione e di gioia. E cosa diversa dal dire semplicemente: «Sono rimasta incinta». Aspettare un bambino significa dichiarare la gratitudine nei confronti di un dono straordinario, è la sintesi di tante domande.
E anche la fierezza di essere protagonisti di una storia, collaboratori indispensabili di un «miracolo». La vita che attendete vi chiede e assegna, d’incanto, un posto nuovo. Dopo tanti anni passati a essere figli, pur continuando a esserlo, diventate padri e madri. Nessuno meglio di voi conosce il fremito di tremore e di gioia che ha accompagnato per voi la notizia di questo nuovo compito.
Entro, cosi, nei giorni della vostra attesa, per ascoltare le domande e per condividere la gioia e le paure, i sogni e i preparativi di questo singolare e sorprendente modo di essere uomini. Entro, in nome di Dio, per dirvi che questo figlio, questa figlia, tutti i figli degli uomini sono benedetti da Dio, amati. Quando vado nelle parrocchie, tra le persone che saluto ci sono tanti genitori in attesa. Mi è capitato più di una volta che qualche futuro papa, indicando con un gesto affettuoso e delicato la pancia della futura mamma, mi chiedesse: «Benedica il nostro bambino!».
Si, i figli degli uomini sono benedetti da Dio e Dio, fin dal primo momento, ama il vostro bambino, da prima ancora che vi siate resi conto di essere genitori in attesa. I figli non entrano nella vita come una pura combinazione di natura, di cui la scienza può dare una descrizione precisa e avvincente. Vi entrano come chiamati e amati da Dio. La venuta stessa di Gesù è il segno di questa predilezione che arricchisce il significato di ogni nascita. La vita si affaccia sul mondo con la certezza di essere voluta, amata e salvata da Dio. Per questo un parto racchiude sempre in sé un tumulto di emozioni e di pensieri. Ma ogni incertezza e inquietudine trova un porto sicuro nell’amore di Dio che precede quello degli uomini.
Un bambino si aspetta di essere felice
Ogni madre sa che, nel tempo dell’attesa, ci sono già parole e ascolti, stati d’animo e sensazioni, mirabili colloqui del silenzio, pieni di tenerezza, che lasciano intravedere l’immenso significato della vita e i legami d’amore che essa è capace di intrecciare. Poi giungono il giorno del parto e le prime settimane, colme di trepidazione e davvero irripetibili. Tutte le attenzioni si concentrano sul bimbo. Si presenta a voi con un pianto e quel pianto comunica molti messaggi. Il primo è un grande sollievo e una gioia indescrivibile: respira, è vivo, è venuto al mondo! Poi vengono tutti gli altri, anche quelli difficili da interpretare, quelli capricciosi, quelli che generano ansia, quelli che non vi lasciano dormire.
Un figlio che nasce è una persona unica e libera: un bambino, una bambina fragile che ha bisogno di tutto, che fin dal suo primo esistere si affida con una confidenza senza riserve, senza sospetti, alla mamma e al papà. Fin dal primo pianto si capisce chiaramente che un figlio si aspetta di essere felice! Quel vagito racchiude una domanda fondamentale.
Questo desiderio del bambino di essere felice è così ovvio, deciso, totale, che sconvolge la vostra vita di coppia, specie se si tratta del primo figlio: gli orari del giorno e della notte, il calcolo delle spese, l’attenzione alle diagnosi del pediatra. Tutto, infatti, viene organizzato per dare una risposta alle esigenze del vostro bambino!
Una felicità impegnativa
Per la sua felicità sareste disposti a fare qualsiasi cosa. Le energie più belle e i sacrifici più grandi sono dedicati a lui e per lui vorreste sempre il meglio. Una delle tipiche raccomandazioni dei nonni, non a caso, è proprio quella che vi invita a non viziarlo troppo. Come a dire: occorre vigilare perché ciò che date al vostro bambino sia davvero il meglio per lui e non sia invece il segno della vostra ansia e del senso d’inadeguatezza che avvertite in quel momento.
Qual è, allora, la gioia vera che il pianto del bambino invoca e che voi desiderate soddisfare? Credo che si possa riassumere, in modo semplice, nel bisogno di sapere che la vita che gli avete donato è una vita buona, che in essa voi lo accompagnerete e non lo lascerete solo. È il bisogno di sapere che lui potrà apprezzare la bellezza scaturita dal vostro gesto di comunione e di amore e potrà viverla a sua volta da protagonista. Cercherete di non fargli mancare nulla di ciò che lo farà crescere e lo renderà capace di realizzare il dono che lui stesso ha ricevuto.
Accanto all’entusiasmo dell’attesa e della nascita s’insinua anche la domanda: «Saremo noi all’altezza di quanto questo figlio ora ci chiede?». Certamente sì, proprio perché siete i suoi genitori e avete con lui un rapporto speciale perché quel figlio appartiene a voi come a nessun altro, che siano i nonni o gli esperti che riempiono le pagine delle riviste di consigli su come essere genitori. Voi lo avete generato e nessuno meglio di voi può mantenere la promessa della felicità che gli avete fatto donandogli la vita. E la responsabilità che vostro figlio vi domanda. E di questa responsabilità potete essere gli artefici, in questo tempo e in questo mondo.
Un impegno di fronte al mondo
Una delle espressioni più comuni per indicare l’atto di generare un bambino è «mettere al mondo». Si sente dire spesso, infatti: «Ho messo al mondo un figlio». Pensandoci bene, questa affermazione è carica di significati. Il figlio che nasce entra nel mondo, lo abita, impara a percorrerlo con le sue gambe e a dirgli le sue parole. E sarà proprio in questo mondo che dovrà costruire quella felicità cui anela fin dal primo vagito. Mettere al mondo significa pure che lì, diventato grande, dovrà trovare il suo posto, costruire i suoi affetti e assumersi le sue responsabilità.
Eppure voi genitori, guardando al nostro mondo oggi, qualche volta rischiate di essere colti da un forte senso di incertezza e di preoccupazione, se non, addirittura, da qualche ansia e da qualche paura. E rischiate così di trasmettere a vostro figlio, fin dalle prime settimane di vita, queste sensazioni, contraddicendo da subito quel desiderio di dargli invece la felicità che desidera.
Ma vi capisco bene. Capisco la domanda che nasce dentro di voi: «Che mondo è mai questo, nel quale ho messo mio figlio? Ne è valsa la pena? Che ne sarà di lui domani?». Non sono domande superficiali. Non sono luoghi comuni. Il compito di genitori è quello di dare le risposte a questi interrogativi. Lo dovete a voi stessi e a vostro figlio, senza pessimismi e senza fatalismi, con la consapevolezza, attraverso il volervi bene e il prendervi cura di lui, che questo mondo è un luogo buono per cercare la felicità e per costruirla. Con la certezza che non avete sbagliato nel donare la vita e nel mettere al mondo un uomo o una donna.
Un mondo luminoso
Sì, cari genitori, di questo dovete essere sicuri e quindi fiduciosi rispetto al compito che vi attende e al mondo in cui esso si realizzerà. Un altro modo per definire la nascita di un figlio, infatti, è «dare alla luce». Qualche mamma afferma: «Ho dato alla luce il mio bimbo!». Anche questa espressione comune è molto bella e ricca di significato. Avete consegnato alla luce una vita, non alle tenebre, non alla confusione, all’incertezza, ma l’avete consegnata alla luce. La vita che vostro figlio avrà davanti dovrà essere luminosa. Il mondo nel quale lo avete messo dovrà essere altrettanto luminoso. Non sarà facile, ma è possibile.
Educare e far crescere il vostro bambino è il modo migliore per continuare quell’atto del generare che lo ha messo al mondo e lo ha dato alla luce. C’è una forte connessione e una continuità tra l’atto del generare e quello di educare. È il modo di dare una risposta al suo primo pianto. È come mantenere la promessa e assicurare a quel piccolo che non lo avete ingannato dandogli la vita e che ora non lo deluderete accompagnandolo perché in essa diventi grande. Anche il compito educativo è una sfida impegnativa. Ma nell’intimo di un genitore c’è la forza di affrontarla e l’energia per sostenerla. Quante attese e quanti sogni accompagnano la crescita di un figlio!
A volte in esso si nascondono anche i vostri sogni, mentre, altre volte, c’è la sincera speranza che questo figlio possa raggiungere i suoi obiettivi ed essere davvero felice. Ogni tanto occorrerà resistere alle tentazioni reali che si insinuano nel vostro compito: la paura di essere soli e di non essere sostenuti dai familiari, dalle Istituzioni e dalla società, magari anche dalla Chiesa; le preoccupazioni per la salute e per la garanzia di un certo benessere; l’ansia per il momento in cui questo figlio sarà grande. Nascono, così, tante domande sulla vostra identità di genitori, sul vostro futuro e sull’identità e il futuro di questo figlio.
Mi viene in mente un’immagine suggestiva che sempre mi fa riflettere quando leggo il Salmo 127. L’autore di questa preghiera afferma che i figli sono «come frecce in mano a un eroe». Penso che essere genitori oggi richieda lo stesso coraggio di un eroe, perché la missione che avete da compiere è davvero ardua e le avversità sono tante.
La quotidianità appare, ogni tanto, come un campo di battaglia e voi finite con il sentirvi dei guerrieri. La vocazione educativa contiene sempre qualcosa di eroico, perché mette in gioco la libertà e non può svolgersi senza passione. Ma questa eroicità non implica solo delle prove. Dice anche la bellezza e il fascino di questa missione. In essa non ci si può annoiare e a essa non si fa l’abitudine.
È un’avventura straordinaria, che riempie di senso l’esistenza di un genitore. È significativo, poi, pensare ai figli come a delle frecce, destinate ad andare lontano e a centrare il bersaglio. Non possono restare coccolati e sicuri nella faretra ma devono affrontare il cielo e percorrere l’aria per arrivare alla loro meta. Solo così conosceranno la felicità che cercano fin dal primo istante di vita. Perché questo avvenga, la via che siete chiamati a percorrere è quella del dono di voi stessi a quel figlio che avete generato. La vostra dedizione è il segno più alto che gli assicurerà la gioia che cerca. È l’esempio più vero di quell’amore nel quale soltanto si trova la gioia.
Si può essere felici senza Dio?
Forse, ora, voi intuite quello che voglio dirvi: per quanto generosa, intelligente e attenta sia la vostra cura, vi rendete conto che non basta per far felice un figlio d’uomo. «Felicità» è una parola così esagerata che impone di ragionare più in grande, di guardare più in alto. Insomma: non se ne può riflettere senza pensare al Signore.
Sto immaginando con affetto il vostro rapporto con Dio, soprattutto in questa stagione. Ci pensate spesso? Non ci pensate mai? È un nome che invocate quando si incontra un problema? È una presenza che sentite minacciosa, fastidiosa, sospetta? Ci pensate mentre con gioia e trepidazione restate incantati a pensare a quel figlio che è appena nato?
Il Dio rivelato da Gesù è alleato del desiderio di felicità
Vengo a voi per dirvi che Gesù ci ha rivelato che Dio è Padre pieno di amore, di tenerezza, di comprensione, di disponibilità al perdono. Gesù ci ha reso partecipi del mistero di Dio e ci ha confidato tutto quello che ha visto presso Dio proprio a questo scopo: perché la sua gioia sia in noi e la nostra gioia sia piena, come dice nel Vangelo (cfr. Gv 15, 11).
Dio è «alleato» della nostra gioia, della nostra riuscita, della vostra felicità e quindi anche di quella di vostro figlio: ci tiene tantissimo ed è per questo che ci ha voluto al mondo e ha mandato suo Figlio. Se Dio è con noi, allora possiamo avere buone ragioni per credere che «felicità» non sia una parola esagerata.
Il Battesimo è l’inizio di un’alleanza
Se questa vi sembra una proposta promettente, posso incoraggiarvi a domandare per vostro figlio il Battesimo.
Vi invito ad avvicinarvi al vostro parroco e a chiedere il Battesimo. Non si tratta di ripetere per inerzia una tradizione o solo di un’occasione per radunare amici e parenti per una festa più o meno costosa, e neppure soltanto di una decisione presa per cedere alle insistenze dei nonni. Chiedete il Battesimo perché sapete che Dio Padre è benedizione, è promessa di un’alleanza indistruttibile, attesa di felicità di vostro figlio e vostra! Per questo dico che il Battesimo è il dono più grande e l’inizio di un’alleanza, di un’amicizia che non finisce.
L’incontro con la Chiesa, con la parrocchia
Siete voi a domandare il Battesimo: esprimete così la convinzione di chiedere qualche cosa di bello per vostro figlio. Lo chiedete non come si pretende un servizio, non perché si ha la presunzione di meritarlo, ma perché sapete che è un dono desiderabile, un’alleanza necessaria, un entrare nella comunità di coloro che accolgono l’amore di Dio e certo, pur tra mille difetti, cercano di trasmetterlo a tutti.
Ci sono famiglie che praticano un’intensa e convinta partecipazione alla vita della comunità parrocchiale: chiedono il Battesimo per confermare il desiderio di essere nella Chiesa e la gratitudine per una vita di comunità che accompagna i giorni e sostiene il cammino e la speranza. Vivendo questa esperienza di Chiesa potete essere anche per altre famiglie la parola amica che invita e incoraggia la richiesta del Battesimo e può rendere più facile il primo contatto con il parroco e la comunità.
Ci sono famiglie che, per diverse ragioni, hanno avuto solo rari incontri con la Chiesa: per la Cresima di un nipotino, per il Matrimonio di un amico, per il funerale di un parente. Incontri rari, talora persino complicati o deludenti, che lasciano la sensazione di non essersi capiti, di non essere stati accolti. Ci sono genitori che esitano a prendere contatto con il proprio parroco perché temono di essere giudicati: sanno che la Chiesa non condivide le scelte che hanno compiuto o le vicende di coppia in cui si sono trovati.
Se avete questi timori e sospettate di una Chiesa che giudica e allontana, se vivete il disagio di «non sentirvi a posto» e di non essere una famiglia perfetta, vi incoraggio ugualmente a incontrare il vostro parroco e coloro che collaborano con lui proprio per accompagnare i genitori che chiedono il Battesimo per i loro figli. Sono certo che potrete ricredervi.
Insieme ai limiti di sempre incontrerete un sorriso, riceverete un invito e avrete modo di rendervi conto che la Chiesa è madre, ama, desidera introdurre tutti in una vita più bella, più lieta, più promettente. Se questa occasione di incontro sarà vissuta con sincerità e onestà, molti pregiudizi sulla Chiesa, costruiti per sentito dire o per reazione, si scioglieranno.
La Chiesa non è perfetta e sempre deve essere riformata; ma voi che l’incontrate in occasione del Battesimo di vostro figlio vi accorgerete che è madre e vuole bene a voi e al vostro bambino e vi accoglie con gioia. E poi, che emozione segnarlo nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo! È l’inizio di un’alleanza, di un’amicizia: Dio, il Padre di cui parla Gesù, vuole essere alleato del desiderio che vostro figlio sia felice!
Un nuovo inizio, anche per voi?
Un’alleanza non è certo una firma che si mette su un registro o un rito che si esaurisce in un’ora. Piuttosto fa nascere un rapporto che assicura vicinanza, aiuto, condivisione per gli anni a venire. La richiesta del Battesimo può anche essere motivata in modo un po’ superficiale, ma la Chiesa e le sue membra vive (il parroco, i suoi collaboratori e io stesso nella mia responsabilità di vescovo), non intendono giudicare ed eventualmente rifiutare una domanda poco approfondita.
La Chiesa desidera, invece, accogliere ogni richiesta sincera e farsi carico di un opportuno accompagnamento prima e dopo il Battesimo perché ciascuno possa sentirsi a proprio agio nella sua comunità. Essa è casa tra le case, luogo dove appare la tenera ospitalità di Dio, pure coloro che non si considerano «praticanti» non devono mai sentirsi soltanto «ospiti» più o meno sopportati o importuni.
Nel momento in cui un genitore desidera che un figlio diventi cristiano e chiede il dono del Battesimo, sovente si pone lui stesso in una nuova fase della ricerca della fede. Si accorge, così, che il Battesimo, oltre che essere l’inizio della vita di grazia per il proprio bambino, diviene l’occasione opportuna per tornare al proprio Battesimo, per riprendere quel cammino di fede che magari, per diverse ragioni, si è interrotto tanti anni fa dopo la prima Comunione e la Cresima.
Una comunità che accoglie e accompagna
Per la comunità cristiana accogliere la vostra richiesta del Battesimo è un fatto impegnativo e lo diventerà sempre di più. Continuare a vivere nella fede, per voi e per vostro figlio, non è più, ormai da tempo, un procedere tranquillo, quasi automatico. I ritmi ordinari della vita, lo sradicamento dai luoghi affettivi di appartenenza, perché spinti qua e là dalle esigenze del lavoro, dai prezzi delle case, da una specie di insofferenza per vincoli duraturi, rendono il cammino obiettivamente più aspro e impegnativo.
È dunque necessario che ci sia, in mezzo al senso di dispersione e smarrimento, una casa pronta a offrire un po’ di pace, che la solitudine trovi rimedio nella condivisione e nell’amicizia, che l’incertezza riguardante il futuro e la mancanza di speranza possano essere vinte da una pro-messa affidabile su cui si possa contare.
È precisamente la comunità cristiana, in nome di Dio, a proporsi come la casa accogliente, l’amicizia fedele che custodisce la promessa affidabile. E la comunità cristiana di cui parlo è composta da tutti i battezzati: i sacerdoti, le famiglie, le suore, i consacrati, tutti. Incontrerete quindi non solo il parroco o la suora, ma soprattutto gente come voi – spesso dei giovani genitori – che si rende disponibile per vivere l’incontro con voi, con i padrini e le madrine, come un’occasione per parlarvi del Vangelo di Gesù e dell’amore di Dio che vi si rivela.
Nel loro stile di accoglienza e di rispetto si manifesta il volto della Chiesa che è sinceramente disponibile ad accompagnare tutti, anche le persone più lontane da una vera comprensione della grazia della fede, che nel Battesimo viene celebrata e donata.
Una situazione complicata non ci scoraggia
I vostri genitori e i vostri nonni tendono a raccontare dei loro tempi e della loro esperienza con i toni della nostalgia. A sentire loro sembra che un tempo tutto fosse più facile e più bello. Sembra che persino essere cristiani e andare in chiesa fosse una cosa scontata e condivisa. Non so se sia di qualche utilità un confronto con un passato che appare così diverso e lontano. Non so neppure se tutto fosse così ordinato e senza problemi. Ogni stagione conserva le sue fatiche e le sue benedizioni.
Certo, molte cose sono cambiate e nell’immediato paiono più complicate, soprattutto perché non si sa bene come fare ad affrontarle. Per esempio, immagino che con voi, proprio in questo tempo, abbiano chiesto il Battesimo per i loro figli famiglie che vengono da altre parti del mondo. Parlano lingue diverse, il loro italiano è ancora un po’ incerto e il loro modo di cantare, di vestire, di fare festa ci sembra un po’ bizzarro. Inoltre, ci sono genitori che non sono sposati, situazioni familiari e affettive cariche di fatiche e instabilità. Sono cose che risultano ancora strane per i vostri genitori e i vostri nonni. «Quando abbiamo portato te al Battesimo…» diranno forse.
La comunità cristiana non si lascia sconcertare dalla complicazione. Vive questa nuova realtà non come un problema, ma come una risorsa nella quale si gioca il futuro della nostra convivenza civile, culturale e religiosa.
Capite anche voi che per accogliere e accompagnare genitori e famiglie così diverse non può bastare il prete. Ogni comunità sta cercando e preparando persone di buona volontà che si rendano disponibili per tale servizio. Forse anche voi siete tra coloro che possono e desiderano proseguire questo straordinario prendersi cura.
Il Battesimo, il dono più grande: entrare nella vita di Dio
Si rischia anche di vivere la decisione e la preparazione al Battesimo come un momento di ulteriore frenesia, di spese, di fastidi. Quanto costa scegliere il padrino o la madrina, invitare i parenti, organizzare il rinfresco, ordinare confetti e un ricordo originale! Quanto tempo ci vuole! E intanto si deve badare a tutto il resto: il bambino, le sue esigenze, i suoi pianti a volte incomprensibili e inconsolabili, il lavoro, il condominio con i suoi problemi.
Alcuni genitori rimandano per mesi e mesi il Battesimo a causa di tutto quello che esso comporta. Sarà anche vero che non sono le cose più importanti, ma farne a meno non si può!
Anche per questo, credo, la comunità cristiana possa essere di aiuto. Può proporre dei padrini – talvolta le stesse persone che a nome della comunità parrocchiale sono venute a incontrarvi a casa – che non siano solo l’ossequio a un obbligo familiare, ma la proposta di una vicinanza che accompagna la famiglia e il bambino per gli anni a venire. Può proporre modi di fare festa che non siano un’esagerazione e una distrazione. Soprattutto può aiutare a tener presente che la cosa più importante e più bella è che il Battesimo introduce nella vita dei figli di Dio.
La vita di Dio e il cammino nella Chiesa
La Chiesa, che si rende presente nella concreta comunità cristiana vicina a casa vostra, continua essere madre, casa accogliente per i figli di Dio: non solo per una celebrazione, non solo per qualche visita occasionale, ma per una vita condivisa.
La vita è fatta di feste e di fatiche, di relazioni personali facili e di rapporti difficili, di grazie e di domande, di lacrime e di rabbia, di consolazioni e di trepidazione.
Immagino pertanto che sia chiaro anche per voi che la preparazione al Battesimo per vostro figlio non si possa ridurre a una istruzione circa le modalità di svolgimento della celebrazione. Si tratta piuttosto di inserirsi in una comunità, di imparare a riconoscervi le persone e le occasioni messe a disposizione per voi e per altri genitori come voi, con l’intenzione di accogliere il dono della vita di Dio nella vostra casa, per il vostro bambino e per tutti voi.
Avete una responsabilità educativa che si riferisce a qualcosa di più alto. C’è una verità profonda e bella in un bambino che diventa uomo, in una bambina che diventa donna: l’amore di Dio è in mezzo a noi, abita nella vostra casa. L’amore di Dio è una parola amica che vi chiama a partecipare alla comunità cristiana, adesso che bambino è ancora così piccolo e poi quando crescerà, diventando via via ragazzo o ragazza, adolescente, giovane, e si rivelerà un uomo, una donna, una persona libera che cammina con le sue gambe, pensa con la sua testa, porta dentro di sé le sue paure e le sue speranze.
Noi chiamiamo «Iniziazione cristiana» questa progressiva crescita nella fede e nell’amicizia cori Dio all’interno e con l’accompagnamento della comunità cristiana: ed è quanto avviene attraverso l’ascolto della Parola che Dio ci rivolge, la celebrazione dei sacramenti e la concretezza di una vita che vuole essere come quella che Gesù ci indica nel Vangelo.
Non vi lasceremo soli
Dio che si fa alleato del desiderio di felicità che abita nel cuore di ogni uomo e di ogni donna è fedele: è il Dio che non smette mai di amarci. Per questo il dono del Battesimo non è come un regalo che finisce sopra qualche mobile, è piuttosto come un seme che germoglia e cresce fino a portare frutto.
E così, dopo il Battesimo, la comunità cristiana, che vi ha preparato a ricevere il grande dono di Dio, non vi abbandona: vuole essere vicina a voi perché il seme promettente della vita di Dio donata al vostro bambino possa essere custodito e crescere e giungere al suo frutto. E il frutto è la pienezza della vita e della gioia che si può sperimentare solo nella comunione con Dio e con coloro che amiamo. Ecco: la Comunione è il compimento dell’alleanza che inizia con il Battesimo e noi la celebriamo nella santa Messa, il sacrificio della nuova ed eterna alleanza.
L’ iniziazione cristiana di cui vi parlo è proprio questo cammino progressivo che impegna la comunità cristiana – e non solo il parroco, i sacerdoti e i catechisti… – ad accompagnare il vostro bambino dal Battesimo fino a celebrare i sacra-menti della Confermazione (o Cresima) e della Eucaristia (e, prima, del sacramento della Riconciliazione o Confessione), per poter comprendere e vivere la vita di Dio con la sua originalità. Occorre non dimenticare che i cristiani non sono fatti «in serie»: ognuno è chiamato a vivere il Vangelo secondo la propria personale vocazione. E questo è un termine non riservato solo ai preti e alle suore, perché ogni vita è chiamata, è vocazione!
Una bella e impegnativa novità
L’Iniziazione cristiana non può allora limitarsi a essere un corso simile alla scuola. E già da tempo nelle nostre parrocchie il catechismo non è più basato solo o principalmente sulle nozioni della fede, ma è la presentazione dei suoi contenuti più attenta alla vita e all’esperienza concreta dei ragazzi. Penso che molti di voi genitori abbiano già incontrato, in modo più o meno coinvolgente, questa forma di cammino.
Conosciamo la proposta vissuta finora nelle nostre parrocchie: si concentrava nei tre o quattro anni riferiti alla celebrazione della prima Comunione e della Cresima, lasciando spesso un vuoto tra il Battesimo e gli anni centrali della scuola primaria.
Ma questa modalità non è più sufficiente. È necessario un itinerario che si snodi in più «tappe»: parte dal Battesimo e, attraverso il cammino successivo degli anni dell’infanzia (prima tappa), porta i ragazzi alla celebrazione dei sacramenti della Confermazione e dell’Eucaristia (prima Comunione) in un unico momento (seconda tappa) e li introduce effettivamente nella vita della comunità cristiana vivendo il dono ricevuto (terza tappa), per avere poi la possibilità di partecipare alle iniziative che la comunità cristiana, in particolare i nostri oratori, propone agli adolescenti e ai giovani. È questo il modo – deciso dalla nostra Diocesi dopo prolungata riflessione e nel confronto con il cammino di altre Diocesi e della Chiesa – che sarà via via proposto nei prossimi anni.
Dopo il Battesimo, pertanto, il vostro parroco e i suoi collaboratori non vi saluteranno dicendo: «Aspettiamo il vostro bambino al catechismo, in terza elementare». Vi diranno piuttosto così: «Voi genitori e voi bambini appena battezzati siete diventati per noi persone care ‘con nomi e volti conosciuti. Siete ormai una presenza preziosa e attesa nella nostra comunità. Cercheremo negli anni a venire, secondo la misura delle nostre forze, di non lasciarvi soli. I rapporti di fede e di amicizia che si sono avviati in preparazione al Battesimo sono una cosa bella, possono essere un aiuto importante per genitori che non vogliono far mancare ai loro figli una speranza di vita eterna, una testimonianza di amore vero.
Sarete attesi e accolti dalla comunità che diventerà sempre più la vostra comunità. Vi inviteremo con il vostro bambino alle feste, ci incontreremo volentieri per condividere le domande e le esperienze, per discutere del mondo in cui viviamo e confermarci nella bellezza dell’originalità cristiana. Continueremo insieme a voi a essere vicini ai vostri figli. Il mondo di oggi può facilmente far dimenticare che si può essere felici e che Dio è alleato e amico del nostro stesso desiderio di essere felici».
Anche quando i vostri figli saranno più grandi e completeranno il cammino dell’Iniziazione cristiana saranno ancora troppo giovani per apprezzare il dono della vita di Dio, se non lo vedono stimato da voi. Accompagnando il loro cammino, camminerete anche voi e sono certo che l’incontro con il Signore nella sua santa Chiesa vi rivelerà quanto grande è il suo amore, come è bella la speranza e affidabile la sua promessa, quanto bene c’è in ciascuno, quanto bene potete fare per voi e per gli altri, a cominciare dal vostro bambino che diventa un uomo, una donna, un figlio di Dio!
L’itinerario proposto è certamente impegnativo, ma non vuole affatto appesantire il già difficile compito di essere genitori. È un cammino che intende portare il vostro bambino alla pienezza e alla gioia di una vita bella e serena, nella convinzione di essere tutti amati da Dio. Si tratta di un percorso compiuto insieme, dentro la comunità cristiana, segnato da una vera accoglienza e da un reale coinvolgimento, attento alle esigenze e ai ritmi delle famiglie di oggi, capace di adattarsi alle diverse urgenze.
È una proposta bella e affascinante che, se lo vorrete, vi coinvolgerà sempre di più e vi permetterà di indicarla con semplicità ad altri genitori, perché condividano con voi e con la comunità cristiana la gioia del Vangelo.
È questo il mio augurio più sincero. E per tutti voi e per i vostri figli assicuro la mia preghiera al Signore della vita, dell’amore e della gioia.
† Dionigi card. Tettamanzi
Arcivescovo di Milano