21/02 – 2^ GIORNATA EUCARITISTICA
predicatore padre Pasquale Ghezzi
Lettura del Vangelo secondo Luca (15, 3-7)
3In quel tempo il Signore Gesù disse ai farisei e agli scribi questa parabola:
4“Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia, se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta. 7Io vi dico, così vi sarà più gioia in cielo per un peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione”.
Parola del Signore.
La prima cosa, questa sera, ringraziamo il Signore di essere insieme, è un bel gruppo, ma quando si è qui dentro, non si parla di gruppo, non siamo al Tour de France o al Giro d’Italia. È il volto della Chiesa, sarebbe meglio per noi usare, è un bel gregge, ma questa terminologia non ci piace molto.
Eppure il tema di oggi, che è quello del Cuore di Gesù, c’è stato rappresentato nei testi biblici soprattutto attraverso la figura del Signore Gesù presentato come pastore. E nel Primo Testamento abbiamo letto una bella lettura sul gregge di Dio. Questo capitolo che abbiamo letto del profeta Ezechiele [Ez 34, 11-16] era un capitolo abbastanza terribile, perché purtroppo Dio dice: “Non ci sono pastori che amano il gregge. Sarò io stesso, Jahvè, il pastore del mio gregge”. Forse qui non tutti sanno del perché la pecora si comporta in un certo modo. Avete visto tutti dei greggi, abbiamo tutti una bella età e a tutti ci è capitato di vedere qualche gregge. Io magari sono un po’ più fortunato, al mio piccolo paese in Brianza, pensate noi avevamo proprio un pastore di pecore, per cui le pecore le vedevamo spesso girare per il paese, sembra fantascienza, ma è così.
Le pecore hanno una vista pessima. Non vedono più al di là di dieci metri. È come se avessero la cataratta. Io l’ho avuta la cataratta, ecco le pecore è come se avessero la cataratta e vedono solo in bianco e nero. Non so se le avete viste quando sono in fila e corrono che, se la pecora davanti salta, perché prevede un pericolo, quella dietro salta, e quella dietro salta ancora. È proprio perché sono pecore, non ci vedono, devono stare attente a quella che c’è davanti e vanno dietro come un pecorone tra le pecore, però le pecore tra di loro stanno unite. Se c’è un lupo che le attacca, le pecore tendono a stare insieme, a unirsi le une con le altre, perché in questo modo, pensate è straordinario, preservano la vita. Perché per quanto siano feroci i lupi e attaccano il gregge, quelli che stanno proprio in mezzo al gregge sono i più difesi e alla fine si salvano. Qualcuno rimane sempre.
Ho forse esulato con questo perché, cosa volete, il gregge ha il suo gruppo, ma noi siamo una comunità, non siamo un gruppo. Meglio sarebbe usare il termine di gregge adesso che sappiamo le dinamiche di come si comporta il gregge. Il gregge è compatto perché una pecora, quando si disperde è prenda dei lupi, in un attimo è fatta fuori. Ecco allora il pastore che veglia le pecore, che sta accanto alle pecore, che la va a cercare, lasciando le novantanove tranquille al sicuro. E Gesù dice: “Si fa festa per questa pecora salvata”. Per questa pecora che poi lui dice convertita, proprio per far capire.
Vedete, se noi non ci riconosciamo in questa pecorella perduta e non sentiamo nel nostro cuore che Gesù ci ha teso una mano, ed è per quello che siamo qui, è questo che ci manca per capire e per comprendere la bellezza e la grandezza della festa che stiamo celebrando del Sacro Cuore. Perché quella del Sacro Cuore, vedete, la nostra Chiesa, la Chiesa, c’è l’ha insegnata col tempo e nello spazio. Fino al 1500 non si parlava di Sacro Cuore di Gesù, non si poteva nemmeno parlare del Sacro Cuore di Gesù. Lo sappiamo che fino agli anni 1000 il crocifisso che ha parlato a San Francesco è appeso con i vestiti sacerdotali con le braccia allargate, ma non soffre sulla croce. Il crocifisso che parla a San Francesco non soffre sulla croce. È un sacerdote che sta sulla croce.
Ci vuole tempo, spazio, anni, preghiere, per capire e per comprendere l’umanità di Gesù. E arriviamo a vedere dei crocifissi nel 1600 con Gesù che in modo straziante si contorce sulla croce, e si cammina.
E così per quanto riguarda il Sacro Cuore di Gesù, che è una bellissima devozione, ed è profondamente biblica, è biblica fin nel midollo, abbiamo iniziato a pregarlo come Sacro Cuore intorno al 1600, quando alcuni mistici, e i mistici sono quelli che vanno avanti, sono le nostre teste di cuoio, quelli che si spingono avanti e che hanno i piedi per terra e il cuore in cielo, gli occhi in cielo, hanno incominciato a parlare di Gesù e del Cuore di Gesù. Poi questa devozione è esplosa negli anni, nel 1800 e nel 1900 con addirittura delle congregazioni nate all’ombra del Cuore di Gesù.
Ma che cosa intende la Chiesa per cuore? Che cosa vuol dire adorare il Sacro Cuore di Gesù?
Ecco voi vedete, noi dopo adoreremo l’Eucarestia, abbiate pazienza per quello che dico e sappiate avere un po’ di grano salis che ci vuole sempre, questo condimento è fondamentale, altrimenti prendiamo lucciole per lanterne.
Il Cuore di Gesù per la Bibbia è quello che l’occidentale dice mente e cuore, questa espressione l’avete sentita, mente e cuore. Un occidentale parlerebbe così, ama Gesù con il tuo cuore, con la tua mente, con tutto stesso, benissimo. Nella Bibbia non c’è bisogno di dire tutte queste cose, basta che tu dici ama Dio con il cuore, col tuo cuore, perché nel cuore dell’uomo ci sta tutto, c’è la sua mente, c’è la sua voglia, c’è il cuore che pulsa, nel cuore c’è la vita, il simbolo del cuore è la vita che pulsa, che ama, che lotta, e chi conosce il cuore? Lo dice Geremia, l’unico che conosce il cuore non è l’uomo, il cuore dell’uomo l’unico che lo conosce veramente è Dio.
Amare, adorare il Cuore di Gesù vuol dire accettare profondamente nella nostra vita che Dio in Gesù si è fatto uomo, vuol dire adorare in giustezza questo Dio che in Gesù è per noi tutto, come celebriamo nella liturgia ambrosiana. Ma dire che Gesù è tutto vuol dire che la sua umanità è vera, pura e santa davanti ai nostri occhi. Gesù ci ha amato con un cuore, Dio ci ha amato in Gesù con un cuore di uomo; adorare l’Eucarestia, adorare il cuore di Gesù vuol dire fare la nostra professione di fede, nella solitudine nostra che è finita, perché Dio, entrando nella storia e entrando nel nostro cuore si è fatto uno di noi, non siamo più soli. Dio si è fatto uno di noi e glielo diciamo nell’adorazione del Cuore, nell’adorazione dell’Eucarestia.
Ma colui che noi adoriamo con il nostro cuore è colui che si è offerto per noi, è morto per noi sulla croce e viene dal Padre.
Vedete queste cose che noi stiamo dicendo adesso, non le spieghiamo con la teologia. Sì, possiamo dire qualcosa perché no, ma si spiegano con quella fede forte, grandiosa, che nasce nella consapevolezza che solo l’amore può dare una risposta profonda all’intervento di Dio nella storia in Gesù. Infatti per la Bibbia la fede non è qualcosa di cervellotico nella testa, non è una risposta di catechismo; per la Bibbia la fede è un’esperienza, un’esperienza d’amore, è una vita vissuta nell’amore, Dio ci ama. Come fanno i nostri amici della Bibbia a dire che ha creato l’uomo, ha creato il cielo e ha creato la terra? Andiamo a leggere la parola di Dio e ci rendiamo conto che il popolo della fede dice che Dio è colui che ci ama, ed essendo colui che ci ama è colui che ci ha creato.
Passa il contrario, dice, ohibò, eravamo nel deserto e Dio ci ha soccorso, è venuto in Egitto, ci ha tirato fuori, ci ha portato attraverso il deserto nella terra promessa. Ma perché questo accade per noi? Perché questo Dio è con noi, non ci abbandona? La domanda nasce da qui. Facciamo esperienza dell’amore di Dio nella nostra vita, per arrivare a Dio, a dire che Dio ci ama, perché ci ha creato.
Se la nostra fede nasce dall’esperienza, la fede biblica, e vive nell’amore, voi capite che si arriva al Dio della nostra fede attraverso l’esperienza della vita, non attraverso i teoremi che noi scriviamo e mettiamo giù. È il cuore che ci parla di Dio, ma noi sentiamo in modo profondo e radicale che questo cuore che parla a noi di Dio deve essere illuminato dalla sua grazia. Altrimenti potremmo sentire nel nostro cuore la voce dell’altro, e chi gli appartiene, le sa discernere.
Anche questa espressione discernere lo Spirito è un dono dato alla Chiesa, non al singolo, alla Chiesa.
Ecco perché è importante stare nella comunione e nella comunità, essere un gregge unito e compatto.
Nessuno vieta all’altro di andare a beccheggiare l’erba verde quando le cose vanno bene e di stare alle acque fresche, ma ci sono momenti nei quali bisogna essere tutti uniti, tutti compatti, tutti insieme. Saper riconoscere questo è fondamentale e questo ce lo dà la preghiera, ce lo dà l’adorazione, ce lo dà lo stare insieme, ce lo dà il dimenticare noi stessi per l’altro. E da chi impariamo queste cose? Non certo da me, scusatemi se vi dico questo, neanche dal parroco, solamente da Gesù. È solamente Lui che ce lo insegna, perché è Lui che è morto per noi ed è risorto per noi.
E vuole che noi siamo tutti suoi perché Lui fa festa in cielo per ogni pecorella che si è perduta. Io sono la pecorella che si è smarrita, Gesù è venuto a prendermi. Signore, tienimi con te insieme ai fratelli, in mezzo ai fratelli.
E questo è un momento singolare e particolare anche della nostra storia, dove è molto necessario questo, dove i protagonismi e il desiderio di essere protagonista per forza, tante volte ci fa fare cose brutte. Non pretendiamo di avere delle rivelazioni particolari che nessun altro ha, anche se è vero che la parola di Dio, e qui siamo vicini ai nostri fratelli mussulmani, nell’Apocalisse ciascuno di noi ha una pietruzza bianca dove scrive un nome particolare. Certo questo è un piccolo segreto che ciascuno di noi si porta.
Ma senza la comunità e la fraternità, cioè senza la Chiesa non siamo niente. Noi dalla Chiesa abbiamo ricevuto la nostra fede. Se facciamo il segno della Croce è perché la Chiesa ce l’ha trasmesso. E c’è una sola Chiesa che viene dal Cuore di Gesù, e ha la “c” maiuscola, le “c” minuscole non c’entrano niente, sono conventicole, non c’entrano niente, talvolta.
Celebrare l’adorazione del Cuore di Gesù è chiedere a Lui di rimanere puri in questo nostro cammino.
E chiediamolo con un cuore aperto alla sua grazia.
Sia lodato Gesù Cristo.