Don Alessandro Lucini – Dott.ssa Barbara Bosetti
AVVENTO 2024
ARTE E FEDE
4 personaggi per 4 opere d’arte.
10 dicembre 2024
LA FIGURA DI GIUSEPPE
Michelangelo Mesisi da Caravaggio,
(1571, Milano – 1610, Porto ercole)
Riposo durante la fuga in Egitto,
1597, olio su tela, 135,5 x 166,5 cm,
Galleria Doria Panphilj, Roma
Vangelo secondo Matteo 2, 13-23
13Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo”.
14Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, 15dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
Dall’Egitto ho chiamato il mio figlio.
16Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s’infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi. 17Allora si adempì quel che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:
18Un grido è stato udito in Rama
un pianto e un lamento grande;
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata, perché non sono più.
19Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto 20e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nel paese d’Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino”. 21Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre, ed entrò nel paese d’Israele. 22Avendo però saputo che era re della Giudea Archelào al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea 23e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: “Sarà chiamato Nazareno”.
LECTIO
Giuseppe: il brano scelto è quello della Fuga in Egitto, ma in generale la figura di Giuseppe e il suo legame con Gesù, cercando di riqualificare un po’ la figura di Giuseppe, che è messo un po’ da parte sia nei Vangeli che nella storia. Lo Spirito Santo ci aiuti ad entrare in sintonia con questa figura di Giuseppe e ci aiuti a scoprire una parte nuova della vita di Gesù.
Traspare dai Vangeli una figura di Giuseppe che è una figura un po’ sommessa, è una figura che obbedisce, sembra quasi una figura che non abbia particolare incidenza nella vita di Gesù. Invece la figura di Giuseppe è una figura fondamentale per la vita di Gesù, per il suo costruirsi come uomo.
Se guardate la figura di quest’uomo vi ritroverete tutti i tratti della vita di Gesù. Dalla famiglia da cui uno parte poi ha l’idea di Dio, l’idea che ha del Trascendente.
Gesù si costruisce appunto molti esempi, gli esempi che Gesù fa nella sua vita, se voi ci pensate un attimo, vi fermate un po’ a riflettere scorgerete nella vita di Giuseppe questi esempi.
Innanzitutto Giuseppe è un uomo obbediente, un uomo capace di non possedere, ma è capace anche di fare delle scelte, perché poteva fare benissimo delle scelte diverse, nessuno gli avrebbe detto nulla, partendo dall’accoglienza di Maria, era lecito per Giuseppe porsi la domanda. Licenziarla in segreto, vuol dire essere giusto e dire: un compito così grande non sono capace di portarlo a termine. Però è anche pronto a ricredersi, grazie all’intervento dell’angelo, però, bisogna essere disposti a riconoscere l’intervento dell’angelo nella tua vita. Devi essere disposto anche a metterti in secondo piano, di essere anche disposto a metterti nel progetto di Dio, che è diverso dal tuo.
Io ho trovato un po’ di immagini che potrebbero farci cambiare un po’ l’idea su Giuseppe, o meglio farci vedere in maniera evidente come Giuseppe sia parte fondamentale della vita di Gesù.
Il primo è il lavoro di Giuseppe. Giuseppe è un falegname, lo sappiamo, e sappiamo anche che il falegname fa lavori a regola d’arte. Un falegname deve essere un uomo preciso, un uomo che sa far bene le cose, per fare bene qualcosa con il legno bisogna avere pazienza. Una virtù fondamentale è quella della pazienza e della precisione. Siamo in un periodo in cui si fa tutto a incastro. L’immagine, ad esempio, che Gesù porta della porta stretta, la possiamo ricondurre lì, anche l’immagine dell’albero buono, che produce frutti buoni, mentre l’immagine dell’albero cattivo che produce frutti cattivi, che poi finisce per essere gettato nel fuoco. Immaginate cosa fa un falegname con gli scarti del legno, quello che non serve più viene bruciato.
Tutte queste immagini della vita di Gesù, che chiaramente Gesù trasfigura per descrivere il Regno che verrà, per descrivere il Padre, sono immagini che Gesù raccoglie dal suo rapporto con il padre, dal suo rapporto con la vita.
Anche un’attenzione particolare che si ha per i particolari, per i dettagli. Se voi immaginate la vita di un falegname, dove la precisione è al millimetro, dove c’è l’intaglio, la bellezza, la cura di un particolare. Immaginatevi Gesù che guarda la vedova che butta l’obolo nel tempio. Per raccogliere, per trovare un particolare così, bisogna esserselo costruito, non lo si inventa all’ultimo momento, è proprio un atteggiamento che ti è dato da quello che vedi, da quello che ti è trasmesso. Ecco probabilmente, io immagino, che questo sia un atteggiamento che Gesù ha preso dal suo papà, da Giuseppe.
Giuseppe è capace di trasmettere a Gesù, attraverso il suo esempio, attraverso la sua capacità, quello che non si dice a parole, ma che si vede. Pensate anche a quando Gesù fa l’esempio, chi sarà perdonato di più? Chi aveva un debito piccolo o chi aveva un debito grande? Non mi sembra di tirare il Vangelo per la giacchetta se mi immagino una scena così, di uno che non ha pagato Giuseppe. La riconoscenza che comunque una persona ha verso chi gli condona un debito grande, che gli viene offerto qualcosa. Ecco tutti esempi che arrivano un po’ dalla vita e dal lavoro di Giuseppe.
Sappiamo anche che Giuseppe è un uomo giusto, è un uomo anche umile, è un uomo che è capace di essere al suo posto, è capace di pregare con Dio, chi ha portato Gesù a pregare sarà stato Giuseppe, al tempo si dividevano uomini e donne, quindi Gesù andava a pregare con Giuseppe, noi abbiamo dato tanta rilevanza a Maria, giustamente, però alcuni tratti della vita di Gesù risalgono invece al suo papà. Quindi cosa vuol dire pregare, cosa vuol dire pregare con umiltà, cosa vuol dire rivolgersi al Padre e dare la propria disponibilità? Se rileggete lì la vita di Gesù, quando parla del fariseo del pubblicano, che il fariseo sta all’ultimo posto, chiede perdono, sono scene della vita di Gesù che riecheggiano molto nella vita di Giuseppe. Ci dice che è un uomo umile.
Anche la disponibilità a fare la volontà del Padre, che secondo me, è proprio il punto di arrivo, quando Gesù a certo punto nell’orto degli ulivi: “Non la mia ma la tua volontà”, cosa che ritroviamo anche nel brano letto, Giuseppe pensa delle cose e pensa di licenziare Maria nel segreto, e poi dice: “non la mia ma la tua volontà”. Pensa di rimanere lì a Nazareth tranquillo e sereno e poi invece, avvertito in sogno va, non la mia volontà, ma quello che che mi dice tu.
Un’obbedienza nei confronti di Dio che nasce dal discernimento, dalla capacità di aprire il proprio cuore all’intervento di Dio, che parla nella storia, abbiamo sentito di Erode.
Ecco, c’è tutto un atteggiamento di Giuseppe che poi ritroviamo anche nelle scelte importanti, nelle scelte fondamentali della vita di Gesù.
La figura di Giuseppe è una figura che ci dona la grazia di vedere e di scrutare un po’ quali sono gli atteggiamenti fondamentali di ogni cristiano, atteggiamenti importanti che ogni cristiano dovrebbe avere nei confronti di Dio.
Il primo è quello dell’umiltà e della giustizia. Un uomo umile e giusto, Giuseppe. Poi anche un uomo obbediente e buono. Forse fa la figura anche dell’uomo troppo buono, di un uomo che forse per questo non ha trovato tanto spazio come modello, perché non sembra essere apparentemente, a prima vista, all’ideale di uomo, di un virile, l’ideale di un uomo che prende in mano la situazione, ma è un uomo che si lascia plasmare, un uomo buono e si confronta con la sua famiglia, un uomo che è capace di mettersi anche in discussione.
La figura di uomo differente, una figura di uomo diversa, rispetto a quello a cui eravamo abituali a vedere al tempo di Gesù.
Un uomo che è capace anche di rispettare la legge, ricordate “neanche uno iota cadrà della legge”, dice Gesù. È anche capace di grande bontà. E io non fatico a vedere anche la parabola del Buon Samaritano. Nelle parabole di Gesù, se le guardate, ci ritrovate un’eco della vita di Giuseppe, per quello che il Vangelo ci ha detto, ci ha dato di capire. Il buon Samaritano, questo uomo buono, che dà di più di quello che è. Giuseppe, probabilmente era un uomo così. Un uomo capace di condividere, capace anche di amare, di amare in maniera importante, in maniera diversa, anche la parabola del padre misericordioso, non arrivi a dire una parabola così se non l’hai sperimentata nella tua vita un atteggiamento di questo tipo, un atteggiamento disponibile.
Certo dobbiamo stare attenti, come abbiamo fatto con Maria, a non stampare Giuseppe come un’immaginetta, come un uomo che non ha vissuto il suo tempo.
Giuseppe è un uomo di grande fede, un uomo disponibile, probabilmente ha attraversato anche lui il fardello della fatica, il fardello della paura, forse, non si sa, si è affacciato anche il dubbio, il dubbio di qualcosa di diverso, però è un uomo che è capace di lasciarsi plasmare dall’intervento di Dio, un uomo che è capace di riconoscere l’intervento di Dio nella vita, quando si propone.
La figura di Giuseppe, è una figura che andrebbe un po’ approfondita, soprattutto immagino nelle nostre famiglie, per essere veramente un esempio da seguire, un esempio che ci dice la dedizione che Giuseppe ha per la sua famiglia, per suo figlio, anche la capacità di rinunciare che questo padre ha verso questo figlio, che in realtà non è proprio carne della sua carne. Però l’amore che Giuseppe porta per questo figlio, che gli è stato donato da Dio, è comunque l’amore vero di un padre che si sacrifica, che si mette in discussione, che è capace di cambiare profondamente la propria vita, e che è stato anche capace di mostrare a Gesù il volto del Padre.
Gesù è cresciuto in questo contesto, nella vita quotidiana di tutti i giorni, nelle scelte di tutti i giorni. Forse bisognerebbe questa sera ritagliarsi un po’ di tempo per guardare a questa figura di Giuseppe, guardare la sua capacità educativa che ha avuto nei confronti del figlio, e noi la recuperiamo da come ha reagito di fronte all’intervento dell’angelo.
Sicuramente la virtù della pazienza, la virtù dell’umiltà, la virtù anche dell’accompagnare in maniera costante educativa questo figlio, insegnandogli che Dio può stravolgere e cambiare la tua vita attraverso dei gesti di vicinanza, che passano attraverso anche la fatica dell’accettazione, come abbiamo visto, fatica dell’accettazione di un progetto che non è quello che hai pensato tu, ma che il Signore ti ha proposto e tu liberamente hai deciso di accettare.
L’accettazione di questo cammino ti dona la grazia di vivere una vita piena, una vita felice, una vita ricca dell’incontro con Dio.
Purtroppo noi di Giuseppe non abbiamo tanti scritti, non abbiamo tante nozioni, come abbiamo chiaramente della vita di Gesù, ma dovremmo fare questa operazione, quando sentiamo un racconto di Gesù, quando sentiamo una parabola di Gesù, quando ci sono degli esempi che Gesù fa, provare a farci questa domanda: ma questo esempio, questa parabola, da dove arriva? Non quello che vuole dire, perché quello che vuole dire è chiaro, l’orizzonte della parabola è sempre il Regno di Dio, o l’atteggiamento di Dio, descrive una caratteristica di Dio, descrive com’è il Paradiso, invece da dove è preso, è preso della vita ordinaria. Io ogni tanto me lo chiedo, chi avrà insegnato a Gesù questa cosa? Gesù da dove avrà preso questo esempio, da dove arriva? E tante volte mi sono risposto che questo esempio arriva proprio dalla figura di Giuseppe. Molti esempi mi riportano lì, mi riportano la testimonianza di questo uomo, che con le sue fatiche, con le sue grandi qualità è riuscito ad accompagnare e a guidare Gesù in questo cammino.
Ammirare questo quadro è l’occasione bella per riflettere sulla figura di Giuseppe, anche in preparazione del Natale, siamo abituati a concentrarci su Gesù, su Maria, magari dedicare un po’ di tempo anche a San Giuseppe ci aiuterebbe a essere un po’ più presenti anche nella vita di Gesù.
PRESENTAZIONE QUADRO
Quello che vediamo è un dipinto di Caravaggio, una delle sue opere giovanili, aveva circa 26 anni quando ha dipinto questo quadro e rappresenta il Riposo dalla fuga in Egitto, che è quello che abbiamo sentito nel brano letto. Ho scelto questo dipinto per parlare di Giuseppe perché è in linea rispetto al discorso fatto fino ad ora, come nell’opera precedente di Lorenzo Lotto, perché anche qui possiamo riflettere sulla natura senz’altro divina dell’Incarnazione, ma senza dimenticarci poi che Dio arriva in mezzo a noi, anche nella sua umanità. Vedremo man mano che anche in questo dipinto si trovano questi due elementi contrapposti.
La scena rappresenta proprio il momento della pausa, quindi la Sacra Famiglia è in fuga dall’Egitto, come abbiamo letto, e si ferma, vediamo Maria talmente stanca da addormentarsi insieme al figlio.
Vediamo qui una figura, questa dell’angelo, che non c’è nel brano del Vangelo ed è proprio un’invenzione di Caravaggio, a indicare innanzitutto che il Trascendente arriva nel quotidiano, arriva a visitare questa famiglia, ma serve anche proprio come elemento strutturale. Divide il dipinto in due parti, la linea parte dal tallone dell’angelo, la vediamo risalire fino alla punta dell’ala e culmina col capo dell’angelo, fino ad arrivare al culmine del dipinto.
Questa separazione serve anche proprio a separare le parti, come in Lorenzo Lotto della scorsa volta, la parte destra del dipinto in cui vediamo soprattutto la personificazione divina, e quella a sinistra in cui vediamo l’umanità attraverso la figura di Giuseppe, ma anche in quest’asino, che dà un po’ l’idea del creato che partecipa a questa vicenda.
Anche a livello compositivo si nota immediatamente, come queste due scene siano separate, la parte divina, Trascendente, molto più libera, vediamo un sfondo molto sgombro rispetto invece a quest’altro, che è una scena più piena di elementi.
Partendo dalla prima figura in primo piano, quest’angelo, è già una scelta particolare dal punto di vista compositivo, perché, al di là di essere po’ questo spartiacque, vediamo che qui Caravaggio sceglie proprio di rappresentarlo in tutta la sua solennità e solidità. È un angelo innanzitutto perché notiamo le ali, ma il pittore lo rappresenta come una sorta di statua greca, tecnicamente questa è la posizione della ponderatio policletea, in Grecia il piede perno veniva usato nelle statue per poi studiare tutta una serie di posizioni che il corpo doveva seguire per creare una perfetta armonia, quindi scegliere di rappresentare quest’angelo nudo con questo panneggio, è un chiarissimo riferimento alla statuaria greca, quindi all’idea della perfezione che arriva però nell’umanità.
E quest’angelo che cosa sta facendo? Sta allietando la famiglia con una melodia, come se stesse suonando una sorta di ninnananna per il bambino che, appunto, vediamo addormentato, e lo si vede in braccio a Maria, e lo fa con queste sue caratteristiche che diventano in Caravaggio anche simboliche. Le ali, le rappresenta come ali di rondine, e questo è un rimando al tema della Resurrezione, perché la rondine arriva a primavera quindi portatrice di una nuova stagione, una nuova vita, e rappresenta simbolicamente l’idea della Resurrezione. L’angelo dunque, legge questo spartito. Tra l’altro un critico musicale negli anni Ottanta del secolo scorso è riuscito ad identificarlo, ed è un vero proprio mottetto. Qui Caravaggio ha rappresentato delle note vere e proprie, questo è un mottetto di un musicista fiammingo, Noel Bauldewijn, che ha ripreso il Cantico dei Cantici, il titolo del mottetto è Quam pulchra es e riprende proprio il Cantico dei Cantici tanto che, apro e chiudo una parentesi, c’è tutta un’interpretazione di un famosissimo critico d’arte, Maurizio Calvesi su questo dipinto proprio come simbolo del Cantico dei Cantici. Noi oggi, lo leggiamo in un altro modo.
Questa divinità, l’idea del Trascendente che arriva nella quotidianità nostra, umana, viene qui ben espressa da questa corda di violino, il violino che l’angelo sta suonando con questa grazia (che davvero è quasi fuori del tempo), ha però una corda spezzata, come a ricordarci che è calato appunto nella nostra quotidianità, che è fatta anche di imperfezione, che è fatta sicuramente anche di fatica.
Quest’angelo può essere letto anche come una sorta di simbolo dell’intervento divino nella parabola umana, perché questa famiglia sta fuggendo, quindi è costretta, lo abbiamo sentito prima e don Alessandro ce lo ha ricordato. Giuseppe pensava di poter stare tranquillo, con la sua famiglia, e invece è costretto a prendere di notte e fuggire, sanno di essere minacciati da Erode, quindi sicuramente immaginiamoci anche la tensione, la difficoltà che questa famiglia sta vivendo, però è come se Dio in quel momento, in quell’attimo di pausa, mandasse loro un conforto attraverso la musica, e può diventare un po’ il simbolo della nostra parabola umana, quando nei momenti di difficoltà, nei momenti anche di sofferenza, quando non sappiamo che cosa sarà di noi, c’è però, se lo cerchiamo, sempre l’intervento divino che si manifesta peraltro con tale grazia.
Penso che le opere d’arte ci insegnino anche questo: di non dimenticare che poi c’è anche la bellezza da cercare nelle cose, quest’angelo e la musica che sta suonando, che possiamo solo immaginarci, ci ricordano che l’intervento divino è da ricercare anche nel bello, e qui possiamo anche leggere questo aspetto.
Ci spostiamo nella parte destra della composizione, dove vediamo Maria, addormentata, e credo sia molto bello il particolare della mano, la vediamo che cade, proprio come se questa donna fosse priva di forze, ce la immaginiamo stanca, ha un bambino da accudire, però è costretta a scappare di notte, la minaccia di Erode che vuole uccidere suo figlio, e quindi crolla, la vediamo proprio qui, questa mano ci dà proprio questa idea, ma non dimentica il suo ruolo di protettrice, vedete che qui Caravaggio crea una sorta di ellissi con Maria che piega il collo in maniera quasi innaturale, proprio per indicarci con questa sorta di semicerchio, che avvolge il bambino, che Maria lo sta proteggendo. Maria è protettrice di tutta l’umanità, e, questa protezione, la vediamo proprio fisicamente, qui nel modo in cui protegge questo bambino che dorme in assoluta pace.
Credo che il modo in cui Caravaggio ha rappresentato questo bimbo, sia veramente molto emozionante, è un bimbo completamente abbandonato, tutto ci parla di caos, di fatica, di sofferenza, preoccupazione, ma nelle braccia di sua madre, Gesù dorme, tranquillo, ed è proprio il simbolo, che senz’altro il pittore vuole trasmetterci, dell’affidamento, dell’affidamento a Dio, quando anche nelle tribolazioni ci si affida a Dio, alla sua cura, alla cura di Maria, si può dormire così, si può stare così, come questo bambino.
Questa parte destra del dipinto, del Trascendente, è arricchita dal Caravaggio da tutta una serie di simboli, a partire dal paesaggio, dicevo prima che è un paesaggio, molto più sgombro, a destra rispetto a sinistra, però è un paesaggio autunnale, quindi ci rimanda, comunque, alla fine dell’estate, il cielo è più cupo, ed è cupo quello che effettivamente questa famiglia sta vivendo, ma anche qui, la speranza la si intravede sempre all’orizzonte, perché è un cielo che all’orizzonte si sta rischiarando, quindi, c’è la luce, se uno la guarda in fondo la trova, come detto anche la volta scorsa la luce nell’arte sacra ha sempre un valore simbolico come rappresentazione divina.
Caravaggio arricchisce il paesaggio di tutti questi elementi vegetali che hanno tutti una valenza simbolica, a partire dalla quercia che fa un po’ da protezione alla Sacra Famiglia e simboleggia la protezione che sempre Dio dà agli uomini nelle loro traversie, ma la quercia è anche una pianta particolare perché è una delle piante che ha sia il seme maschile che femminile e quindi rimanda alla Verginità di Maria nel suo auto-procreare, e senz’altro è stata scelta anche per questo motivo.
Così come è stato scelto l’albero dell’alloro, che si vede dietro alla testa di Maria che rappresenta la sua gloria, l’alloro rappresenta da una parte la gloria, l’alloro è la pianta con cui vengono coronati i poeti, è una pianta sempreverde che rappresenta anche l’eternità, ma è anche la pianta del mito di Apollo e Dafne. Dafne era una ninfa inseguita da Apollo che voleva farla sua, per sfuggire a questo dio, chiede alla madre, pur di non cader nelle sue mani, di essere trasformata in una pianta e la madre, Gea, la trasforma in una pianta di alloro. L’alloro è quindi anche il simbolo delle donne consacrate, un chiaro riferimento alla Sacra Verginità di Maria.
C’è poi un riferimento, con le spine della rosa, alla passione di Cristo. Qui in basso c’è il tasso barbasso che rifiorisce in diverse stagioni e rappresenta l’idea della vita eterna. Infine, molto più evidente, questo trifoglio che rappresenta la Trinità.
Caravaggio vuole proprio inserire in questa parte destra del dipinto tutta una serie di rimandi che ci ricordano che siamo di fronte, a due creature divine, in modo diverso, Maria in un modo, Gesù in un altro, ma è proprio l’intervento di Dio nella storia. Pensiamo al periodo che siamo vivendo, quello a cui ci stiamo preparando, l’idea che il Trascendente entra nella nostra quotidianità, ma ci entra passando per tutta la nostra umanità,
Questa umanità è rappresentata nella parte sinistra del dipinto, con anche degli elementi molto concreti, partendo dal selciato, che è sicuramente diverso, lo si vede subito, a destra la vegetazione, a sinistra sassi e foglie di quercia, ma sono cadute e in questo c’è la rappresentazione di tutte le nostre fatiche, c’è la nostra umanità, che è fatta anche di aridità, fatica, di sassi aguzzi, però abbiamo sempre degli elementi che poi ci sostengono, anche molto quotidiani, qui vediamo questo fiasco di vino, e questo sacco, che anche qui, rimandano all’idea che, senz’altro, questa famiglia ha dovuto portarsi dietro quello che poteva, ma Caravaggio li rappresenta non casualmente, un fiasco di vino e questo sacco che può rimandare all’idea dei viveri, quindi sicuramente un rimando anche all’Eucarestia.
Arriviamo alla figura del nostro protagonista, Giuseppe, che sta reggendo lo spartito all’angelo, e anche qui potremmo un po’ interrogarci: arriva un angelo, mandato da Dio a suonare una melodia per allietare questa famiglia. Una creatura angelica perché dovrebbe aver bisogno di uno spartito? Immaginiamo che la musica la possa conoscere. In realtà questo espediente permette al pittore di sottolineare aspetti importati di Giuseppe: uno di essere servizievole, il mettersi a servizio, in questo caso della sua sposa e di suo figlio, ma è anche un modo per dirci che Giuseppe è davvero il tramite per il progetto di Dio, tra il progetto divino, Maria, e poi tutta la nostra umanità, perché è anche grazie al suo di sì che poi tutto quello che sappiamo è avvenuto, e questo sorreggere uno spartito, che potrebbe essere inutile in questo contesto, ci dà la dimensione del valore di quest’uomo, che vediamo stanchissimo, ha gli occhi che tendono a chiudersi e fissa però l’angelo. Vediamo la stanchezza anche nel modo in cui lui ha i piedi uno sopra l’altro, quindi ha anche freddo, è leggermente curvo. Sicuramente la stanchezza, così come per Maria, avrebbe potuto cogliere anche lui, eppure è disposto a rimanere sveglio, a reggere questo spartito per poter allietare la sua sposa e il bambino. Lo vediamo osservare quest’angelo, mi piace l’idea di chiudere con il suo sguardo.
Molti storici dell’arte hanno parlato a lungo dello sguardo dell’asino, per dire che anche il creato partecipa, se notate sembra come se stesse anche lui fissando questa scena, quindi c’è sicuramente questa dimensione.
Ma guardiamo lo sguardo di Giuseppe, fisso su quest’angelo, ci dà l’idea che sarà stato stupito, l’arrivo del Trascendente quanto deve aver stupito Giuseppe? Come lo vediamo qui simbolicamente nell’osservare quest’angelo, eppure non vediamo un uomo sopraffatto, vediamo un uomo stupito, ma non sopraffatto da questo arrivo, e penso sia questo il messaggio finale che quest’opera ci può trasmettere se esaminiamo la figura di Giuseppe: l’idea che tante volte anche quando noi ci sentiamo interrogati dal divino, ci sentiamo interrogati da qualcosa che ci succede, possiamo sperare di essere magari stupiti, magari non sentirci all’altezza, magari stanchi, però mai sopraffatti come è appunto Giuseppe qui e sappiamo che questo suo non lasciarsi sopraffare da quello che gli è stato chiesto ha poi permesso a Cristo di venire nel mondo, di venire prima come bambino, come giovane e poi tutto quello che noi sappiamo.
Il messaggio finale è: stupore ma non paura.