2a giornata eucaristica: ora media – meditazione su Giovanni 21, 4-13

Quando già era l’alba Gesù si presentò sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: “Figlioli, non avete nulla da mangiare?”. Gli risposero: “No”. Allora disse loro: “Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete”. La gettarono e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: “È il Signore!”. Simon Pietro appena udì che era il Signore, si cinse ai fianchi il camiciotto, poiché era spogliato, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: infatti non erano lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: “Portate un po’ del pesce che avete preso or ora”. Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatrè grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò. Gesù disse loro: “Venite a mangiare”. E nessuno dei discepoli osava domandargli: “Chi sei?”, poiché sapevano bene che era il Signore. Allora Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede a loro, e così pure il pesce.

In queste giornate davanti all’Eucarestia ci stiamo lasciando aiutare dalla parola di Dio e in particolare dalla conclusione dall’ultimo capitolo, il capitolo 21 del Vangelo di Giovanni. Ieri sera nella Santa Messa abbiamo sottolineato i primi 3 versetti del capitolo 21; oggi pomeriggio ci fermiamo su un numero di versetti più abbondanti. Se ricordate, ieri sera, eravamo rimasti che, ancora una volta, si era davanti a un fallimento: Pietro non aveva pescato nulla, lui e i suoi amici e suoi compagni. Dopo i nostri fallimenti noi abbiamo bisogno di ascoltare la voce di Gesù, una voce affettuosa che ad un certo punto dice: “Figlioli”, li chiama così, “Figlioli, non avete nulla da mangiare?” gli risposero: “No”. È l’atteggiamento di chi ha vissuto un fallimento, non ha niente da dare, ha soltanto un’esperienza amara da vivere, anche, tra l’altro, se Gesù in questo momento proprio all’inizio non viene riconosciuto. Gesù stava sulla riva, come abbiamo detto ieri sera, ma i suoi discepoli non si erano accorti che era Gesù, quindi noi diremmo che non lo riconoscono, sono pieni di tristezza, un po’ depressi perché continuano ad avere risultati negativi sul mondo del lavoro e il Signore Gesù non c’è più e, pur essendoci, loro non lo riconoscono. Dove la vita però sembra cessare, dove tutto sembra fallire, dove non si pesca più nulla, fino a sperimentare la morte, perché non c’è più nulla, ecco che questi uomini sono raggiunti da questa bella parola, “Figlioli”, “Figlioli”. Dio è capace di fare dei nostri limiti il luogo della comunione, è capace di fare delle nostre morti, dei nostri errori, dei nostri fallimenti, il luogo delle sue resurrezioni. Dio è capace di fare dei miei fallimenti, anche dei miei stessi peccati, il luogo dell’abbraccio e del perdono.

Domani, ultima domenica prima di quaresima, è detta la Domenica del Perdono e ascolteremo un brano di Vangelo che conosciamo bene, quello del fariseo e del pubblicano. Solo chi alla fine si ritiene così, fragile e peccatore, incontra veramente il Signore. Tante volte il nostro vuoto, quel vuoto interiore che abbiamo nel cuore, permette a Dio di riempirci. La risposta dei discepoli alla domanda di Gesù: “Figlioli non avete nulla da mangiare?” è stata: “No”. È una risposta, noi diremmo, lapidaria, non abbiamo niente, non abbiamo nessun motivo per sperare e non abbiamo più neanche una persona cui attaccarci come era prima.

Gesù è risorto, ma loro non se ne sono ancora accorti. Anche se la risposta dei discepoli è lapidaria “non abbiamo niente da mangiare”, Gesù dà un comando altrettanto lapidario e dice: “Gettate la rete dalla parte destra e troverete”. Ci vuole coraggio a rifare un gesto da parte di chi non conosce il mestiere, perché Gesù non era un pescatore. Pietro invece e i suoi compagni erano pescatori, sapevano bene, hanno pescato, non hanno preso niente e si sentono dire: “Gettate la rete dalla parte destra”. È quello che hanno appena fatto. Noi forse ci saremo un po’ indispettiti, arrabbiati, come capita qualche volta quando tu stai facendo un lavoro di cui sei abbastanza specializzato, viene il primo che passa, che non conosce niente e ti dà dei consigli, subito ti viene la mosca al naso perché dici: “Questo non sa niente e in più viene a chiedere cose impossibili”.

Gettare la rete significa obbedire al suo comando. La destra è la parte dove c’è la potenza di Cristo “Salì alla destra del Padre”, ma i discepoli accettano questa sfida, probabilmente come dire: “Ma non abbiamo niente da perdere”, gettano la rete e tirano su una moltitudine di pesci. Strano, avevano passato tutta la notte, nulla, obbediscono a un comando singolare e ricevono molto.

Se noi impariamo a fidarci del Signore allora la nostra vita diventa feconda, se noi ci fidiamo del Signore, allora la nostra vita comincia a dare frutti. Quando accade questo Giovanni, l’evangelista che sta scrivendo questo Vangelo, riconosce l’amore, perché lui ha fatto l’esperienza dell’amore. Il discepolo che amava Gesù (venne definito così allora), quel discepolo che Gesù amava, non è tanto il discepolo che amava Gesù, ma il discepolo che era amato da Gesù, che Gesù amava, perché solo l’amore sa riconoscere il Signore. Infatti Giovanni cosa dice, davanti a un fatto prodigioso, “È il Signore”, fa una manifestazione, una professione di fede, è il Signore, è Lui, adesso lo riconosciamo.

Pietro però entra per primo nel mare, si butta, si cinge la veste. Se voi notate queste espressioni ricordano altri atteggiamenti, per esempio Pietro entra per primo nel mare, come è entrato per primo nel sepolcro di Gesù. Correvano entrambi Giovanni e Pietro, naturalmente Giovanni è il più giovane e quindi corre più velocemente, ma quando arriva si ferma per rispetto dell’autorità e fa entrare per primo Pietro. E poi Pietro prima di gettarsi nel mare si cinge la veste, come ha fatto Gesù nel cenacolo prima di lavare i piedi.

I discepoli trascinarono a terra la rete dove ci sono 153 grossi pesci; noi potremmo dire, ma che cosa ci interessa quanti sono, 153, 152, 140 sono sempre tanti, perché questa specificazione del 153. Sono stati usati fiumi di inchiostro per scrivere cosa potesse essere. A me piace la spiegazione di Sant’Agostino che dice che 153 erano le specie di pesci conosciute all’epoca in cui scrive Giovanni. Questo significa che la salvezza è per tutti, che tutti possono essere salvati.

Tanti pesci e, benché fossero tanti, la rete non si squarciò, anche qui c’è un parallelo. Questa rete che non si spacca, anche se i pesci sono tanti, ci ricorda la tunica di Gesù, che era fatta tutta di un pezzo e che non si poteva squarciare, era un peccato tagliarla, difatti viene messa al gioco, al gioco dei dadi, chi la vince la può portare. La tunica è la vita di Dio, che non si può spezzare.

Poi ci sono gli ultimi versetti, i quali ci ricordano che questa scena è tipicamente eucaristica. In questa scena, avete notato, c’è il pane e c’è il pesce. Il pane e il pesce sono proprio i simboli dell’Eucarestia e Gesù si rende presente; infatti la fine del brano dice “Gesù si avvicinò, prese il pane, lo diede loro così pure il pesce”, proprio l’Eucarestia.

Ma avevamo iniziato questa pagina con l’ espressione “non si erano accorti che era Gesù” e concludiamo questa pagina con questa espressione “nessuno dei discepoli osava domandargli chi sei, perché sapevano bene che era il Signore”. È proprio una trasformazione. All’inizio non si sono neanche accorti del Signore, non l’hanno riconosciuto, lo vedono, lo scambiano per qualsiasi altro. Alla fine invece non gli dicono “chi sei?” perché ciò che è accaduto, e ciò che Gesù ha detto, ma soprattutto ha fatto, permette loro di sapere bene che era il Signore.

Quale concreta applicazione noi possiamo fare oggi pomeriggio, per esempio, davanti all’Eucarestia perché si ripeta la stessa scena. Anche noi è come se fossimo su una spiaggia e potremmo dire: “È il Signore” oppure potremmo dire: “Non gli chiedo chi è, perché so bene che è Lui”. Ecco cosa significa stare davanti al Signore, fare l’adorazione Eucaristica, vuol dire, riconosce che Lui è il Signore, ma cosa vuol dire che Lui è il Signore? Vuol dire che Lui è l’inizio di tutto, che Lui è il primo di tutto, che nella mia vita Lui è il Signore, è il Signore della mia vita, della mia storia, è Lui che conduce tutto e che noi non abbiamo bisogno di continuare a parlare tante volte, di dire, di confermarci, perché noi sappiamo bene che il Signore c’è, anche se noi non parliamo.

Non c’è bisogno di dire chissà cosa quando stiamo davanti al Signore. Siamo davanti a un pezzo di pane, potremmo correre anche noi questo rischio di non accorci che c’è Gesù e magari qualche volta la nostra preghiera è così, quante volte veniamo in chiesa e non ci accorgiamo che il Signore è presente.

E in questo momento, che è un po’ il titolo di questi giorni, noi siamo invitati a sapere bene che il Signore è davanti a noi, che ci vede, che ci guarda e quando il Signore ci guarda, non è che guarda tutti in maniera generale, guarda ciascuno di noi e di ciascuno di noi sa tutto e sa anche ciò di cui noi abbiamo bisogno. Ecco allora stiamo davanti al Signore oggi pomeriggio, per quello che possiamo, per quanto possiamo, però rimaniamo davanti al Signore, sapendo che Lui è qui vicino, che è il Signore, che è capace appunto di trasformare la mia vita, di renderla abbondante, generosa, addirittura le reti non si spezzavano, cioè la mia vita potrebbe talvolta non reggere neanche tutta la grazia, l’aiuto, l’amore del Signore per noi.

Il tempo che viviamo davanti all’Eucarestia sia un tempo in cui noi facciamo l’esperienza di Giovanni, non siamo noi che siamo qui per dire al Signore che gli vogliamo bene, ma siamo venuti qui per sentircelo dire da Lui. Siamo noi i discepoli che Gesù ama, noi possiamo ricambiare qualcosina, ma la cosa più importante è cogliere l’amore che il Signore ha per ciascuno noi.